Bye bye Indie-rock.it

       

Mi sembra più che doveroso spendere qualche parola per lo hiatus – termine modaiolo che in ambito musicale si riferisce ad una sospensione delle attività di una band – della webzine con la quale ho collaborato per quasi cinque anni. Personalmente è sempre un dispiacere quando un sito web che si consulta e frequenta con regolarità chiude i battenti. Tempo fa mi è capitato con un’ottima pagina che si occupava di musica indiepop a tutto campo (Indiepop.it, appunto) e che era gestita praticamente in solitaria da un certo Salvatore Patti, uno dei migliori critici di musica leggera che mi sia mai capitato di leggere. Più di recente è toccato ad un blog (Justanotherpopsong.blogspot.it) che guardava in esclusiva al pop ed al folk indipendente di matrice scandinava, al quale devo più di una preziosa imbeccata. In casi come questi è sempre stato come perdere piccoli punti di riferimento ritrovandosi spiazzati, anche se certo le voci interessanti nel mare magnum della rete non mancano ed è sempre possibile trovarne di nuove e più autorevoli. Certo, però, quando la voce che adotta il silenzio è una di quelle che non soltanto ci si era abituati a sentire, ma in parte si era scelto di fare propria come strumento attraverso cui parlare, il rammarico non può che farsi cocente. Adesso i maligni penseranno che avevo sentito puzza di cadavere quando nel dicembre scorso avevo scritto a Cristiano Gruppi, il webmaster, inviando l’ultimo pezzo e salutando. Ovviamente non è così, non avrei immaginato che il sito sarebbe arrivato al capolinea così presto: aveva tante nuove valide leve, tanto entusiasmo, una sempre più capillare copertura di eventi, notizie, dischi e concerti. Eppure…

Mi ha fatto una certa impressione ritrovare nel laconico comunicato di addio di Cristiano gli stessi sentimenti manifestatigli in quella mia mail di congedo. Passione sbiadita, tempo da riservare ai contenuti e agli aggiornamenti vissuto quasi come una condanna, voglia di dedicarsi ad altro. E’ inevitabile considerare allora come dietro passioni esili come lo scrivere di musica si nasconda quasi inevitabilmente un senso di sazietà e nausea che porta prima o poi a gettare la spugna. Non è un “mestiere” – qui sempre inteso come hobby- che possa durare veramente a lungo, ed è sbalorditivo come certe riviste che si occupano di musica alternativa riescano a tirare avanti magari trent’anni, affogate nella noia e di fatto sopravvissute a loro stesse ben oltre il lecito. Alcuni dei migliori collaboratori di Indie-rock.it avevano lasciato da tempo. Io l’ho fatto quando mi sono sentito davvero esausto, dopo quasi settanta recensioni, ottanta live report con gallerie fotografiche e tre interviste, una delle quali (quella a Vic Chesnutt) rimarrà di fatto il mio più bel ricordo dell’intera esperienza. La stanchezza nel ripetersi ad oltranza, nel proporre album per lo più ignorati, nel sentirsi un po’ come un pesce fuor d’acqua ma anche nel riscontrare come il forum di IR, una bella piazza virtuale di spiriti affini, si fosse rapidamente involuta sotto i colpi da concorrente sleale di Facebook mi hanno spossato.

La comunicazione degli apparati social, luminosissima grazie ai vantaggi innegabili di una interconnessione aggregante,tamburellante e seducente (termine adorato dai semiologi, quindi anche mio), si sta imponendo con la sua stuzzicante aura di deresponsabilizzazione e volatilità anche nel campo del giornalismo (più o meno serio), con esiti secondo me devastanti per le forme di informazione un minimo più accurate. Nello specifico della critica musicale le vecchie riviste cartacee scontano una crisi probabilmente irreversibile a vantaggio dei nuovi media, ma in questo ambito anche le grosse webzine sono in evidente difficoltà rispetto ai blog, che a loro volta diventano praticamente superflui se raffrontati a Facebook ed ancor più, in prospettiva futura, a Twitter. Così bastano degli slogan o poche parole ad effetto a caccia di approvazioni sbandierate per trasformarsi in luminari e raccontare dischi cui, con ogni probabilità, nemmeno si sono dedicati più di due ascolti. E’ molto triste secondo me, l’ennesimo piccolo segno di quel decadimento anche culturale che fa da contraltare ai progressi ed alla diffusione (di fatto più che positivi) delle nuove tecnologie.

Con tutte le attenuanti e le giustificazioni del caso appena menzionate come determinanti in scelte dolorose come la chiusura di un sito,  con i ringraziamenti ed i sinceri attestati di stima che non posso esimermi dal rivolgere a Cristiano per quanto costruito dal nulla in questi sette anni, rimane comunque una nota di rammarico e di biasimo costruttivo che ritengo giusto manifestare in questo accrocchio di impressioni sparse e senza pretese. Il limite forse più significativo (ed in fondo anche l’unico) di tutta l’avventura di IR credo sia stato quello di aver insistito nel voler concepire il progetto adottando la stessa ottica di quando era nato, quella  forse troppo strutturalmente (anche se bonariamente) personalistica di un blog, per quanto anomalo. La rivendicazione affettiva ed esclusiva di Cris verso una creatura nata da un suo lampo di genio ha finito col non armonizzarsi nel giro di qualche tempo con quello che IR stava diventando per le persone che ci si avvicinavano: una bella palestra di scrittura, un piccolo grande punto di riferimento (e di contatto) tra vittime beate della medesima passione, ed anche una particolare e bellissima comunità di amici (prima virtuali, poi reali), quasi una famiglia. Questa non vuole essere una critica fine a se stessa nei confronti di Cris cui, lo ripeto, va tutta la mia riconoscenza e quella dei tanti che negli anni hanno avuto l’opportunità di collaborare o anche solo confrontarsi, a qualunque grado. Però un sincero dispiacere non posso tacerlo. Aver saputo superare la visione un po’ miope di chi ha sempre rifiutato in buona parte (non sempre) le logiche costruttive del delegare, del condividere (non solo gli onori, per carità, proprio gli oneri) e del costruire assieme, non certo per manie di protagonismo ma come animato da un senso profondamente intimo di “missione”, avrebbe senza dubbio fatto sentire meno pesante a Cristiano questo suo secondo (non dimentichiamolo, e per giunta gratuito) lavoro rendendo meno dolorosa ed al contempo meno drastica la scelta più che legittima di staccare un po’.  Da indefesso sostenitore delle logiche del buon senso continuo a sperare che ci sia ancora il margine per un ripensamento positivo, che il buon Cris capisca che questa fantastica cosa che ha creato da solo è diventata davvero con gli anni anche un po’ nostra, e ci mancherà terribilmente. Forse il suo più grande successo è scritto proprio in questa semplice considerazione. Disperderlo dall’oggi al domani nel silenzio sarebbe un vero peccato.

2 Comments

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  1. Barto
    giugno 29, 2012 at 12:53 pm (12 anni ago)

    Secondo me un passatempo impegnativo come scrivere di musica con continuità prima o poi crea una reazione come questa in tutti e i comportamenti conseguenti sono poi due: o si accetta di avere meno voglia e si cerca di creare meno danni possibili, in attesa che la voglia torni, e che poi sparisca, e che poi torni ancora, e così via, oppure dire “o tutto o niente, o seguo le cose alla perfezione o non le seguo”. Io adotto il primo comportamento, non per scelta deliberata ma perchè va così naturalmente, però non posso certo biasimare chi adotta il secondo, anche se mi piacerebbe, come ho detto a Cris su Facebook, che uno ci provasse a far passare l’ondata di negatività e a ripartire. Ma non tutti siamo uguali, quindi, più che dire che secondo me per gennaio/febbraio 2013, non più tardi, indie-rock.it tornerà come prima, non posso fare altro.

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  2. seashanty
    giugno 29, 2012 at 2:09 pm (12 anni ago)

    Certo che non tutti siamo uguali e ribadisco che la mia a Cris intende essere costruttiva, non un biasimo alla leggera.
    Il fatto è che, lasciando io che ero un pedone, non ho spostato di una virgola l’inerzia del sito e la mia scelta non ha pesato su altri che su me stesso. Nel caso di Cristiano la prospettiva è molto diversa.

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