Sacré Bleu _Letture

       

No, non è il mio titolo preferito tra i quattro che ho letto del guascone di Toledo. Però quest’avventura maccheronica nel pittoresco mondo degli impressionisti francesi si è rivelata un discreto spasso: disimpegno ai massimi, direi quasi plateale,
ma i tanti bonbon in forma di citazione sparsi sul sentiero bastano a rendere perdonabile una piega fantasy al solito maldestra (e piuttosto ingombrante). Christopher Moore è questo, soprattutto negli eccessi: prendere o lasciare…

 

Parigi, 1890. La notizia della morte di Vincent Van Gogh a Auvers raggiunge alcuni amici dell’artista olandese a Montmartre. Lucien Lessard, fornaio e figlio di fornai sulla butte parigina, aspirante pittore sulle orme del padre pure dilettante, si dice scettico di fronte alla tesi del suicidio, ma le sue attenzioni vengono presto calamitate dal ritorno della bella fiamma Juliette, che due anni e mezzo prima era scomparsa nel nulla spezzandogli il cuore. Ugualmente traviato dal gentil sesso (e da ogni sorta di perdizione alcolica) e perplesso di fronte ai resoconti dal sud della Francia, il “piccolo gentiluomo” Henri Toulouse-Lautrec non si fida nemmeno della fanciulla dagli occhi blu oltremare che sembra tornata apposta per far uscire di senno il compagno di avventure con sedute di sesso sfrenato e pittura. A non quadrare, in particolare, è l’inquietante figura che sembra accompagnare la ragazza da lontano, e che gli si presenta con insistenza per vendere tinte “mille volte migliori” di quelle del celebre Papà Tanguy, punto di riferimento esclusivo per tutti gli Impressionisti. Cosa nasconde questo strano ometto storpio e ostile che si fa chiamare Il Colorista? Come mai Lucien sembra aver svenduto l’anima alla sua bella e di punto in bianco ha tagliato i ponti con tutti, al di fuori di lei? E perché l’enorme ritratto di Juliette cui si è dedicato in maniera forsennata pare averlo privato di ogni forza, fin quasi a ucciderlo?

 

Coadiuvato da un eccentrico professore tuttologo, Emile Bastard, e da un pugno di colleghi più anziani come Camille Pissarro e Auguste Renoir, quasi dei padrini per il giovane Lessard, l’incontenibile Henri riuscirà a venire a capo del mistero millenario che lega il commerciante di Colori e la sua pericolosa femme fatale, ridesterà l’amico dalla strana ipnosi in cui sembra caduto e libererà il mondo dall’oscura minaccia di un’entità maligna che da sempre sembra spremere gli artisti come tubetti, per far loro produrre opere d’arte che nemmeno ricordano di aver mai creato e che, puntualmente, svaniscono nelle sue grinfie. L’enigma del micidiale Sacré Bleu verrà finalmente sciolto ma la sua maledizione troverà nuovi artefici capaci di prorogarne la malia a fin di bene, alimentando un legame d’amore e insieme l’impulso vitale dell’Arte, destinati entrambi a durare per sempre.

 

“Tante grazie, ci hai rovinato anche la storia dell’arte”. Ci scherza apertamente nella postfazione il buon Chris, sufficientemente ironico nello sminuire la portata di un’opera in fondo spassosissima di cui è ben cosciente. Nell’ennesimo pastiche di una carriera ormai di tutto riguardo, l’autore di Toledo si è dimostrato all’altezza dell’esorbitante obiettivo che si era posto, riuscendo a confezionare un romanzo frizzante in perfetto Moore-style ma senza debordare nella pura farsa come talvolta gli è capitato. Divisi i fan, a giudicare dai commenti al libro, tra chi lamenta l’anomalia di un lavoro sicuramente meno straripante della sua norma, e altri che invece hanno riconosciuto e apprezzato il tocco caustico del romanziere statunitense anche in una novella per forza di cose più misurata. Il più grande merito di “Sacré Bleu” risiede nell’accuratezza della ricostruzione storica, certosina e fedele ai fatti reali sin nel più infimo dei dettagli. In tal senso risulta un accompagnamento alla lettura non indispensabile ma vivamente consigliato la guida online curata, pare, dall’autore stesso: una collezione di quadri, fotografie e nozioni in approfondimento, suddivisa per capitoli, perfetto strumento per consentire al fruitore di immergersi completamente nelle atmosfere immortali della Parigi Belle Epoque.

 

A proposito, è indubbio che l’impresa sia stata agevolata dal fascino di quell’universo così irresistibile, ma il tuffo nel demi-monde dei bordelli, dei caffè equivoci e dei pittori spiantati resta una ricostruzione sincera e del tutto attendibile. Assolutamente cruciale, per rendere il testo qualcosa più che una semplice goliardata tirata in lungo, è anche la superba caratterizzazione dei personaggi, con menzione speciale per un favoloso, istrionico e commovente Toulouse-Lautrec, in groppa alla sua adorata Fata Verde, con ogni probabilità assai vicino alla verità dell’artista. Meritevole anche lo sguardo affettuoso ma non scontato sui padri dell’impressionismo e sulla loro umanità: in prima fila, assieme a Monet e Renoir, quel Pissarro che fu caposcuola di grande talento, chiamato a recitare quasi in contrapposizione con il ben più celebrato (ma odioso, pare) Edgar Degas, di fatto il grande assente qui.

 

Come sempre in Moore, a stonare sono piuttosto le incursioni in un soprannaturale da operetta che facilmente indispone. Nel caso di “Sacre Bleu” il Nostro si salva comunque in corner, aggrappandosi a un immaginario perturbante per validare il quale è abilissimo a confezionare una patente di veridicità ancestrale. Non male anche l’idea della musa ispiratrice, schiava del padrone sbagliato e un po’ puttana di ogni vera promessa col pennello, così come l’aver puntato molto sulla facoltà obnubilante di una tinta da sempre considerata magica. Solo due spunti tra i tantissimi che inevitabilmente spiazzeranno i destinatari di queste colorate iperboli romanzate. Anche a questo giro, insomma, da Christopher Moore non potete che aspettarvi un fantasmagorico troiaio. Più raffinato di altre volte, comunque.

7.8/10

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