My Maudlin Career

 

Seconda recensione per Monthly Music, in un mese decisamente meno ricco di uscite rispetto a marzo. Era praticamente già scritto che accogliessi a braccia aperte la nuova fatica di Richard Swift ma, ascoltando un paio di volte quell'album, ho capito immediatamente che sarebbe stato molto più gradito da Tonino che non dal sottoscritto. E infatti…lui ha apprezzato e ne parlerà, mentre io ho asciugato la sottilissima slabbrata di delusione e me lo sono goduto con parsimonia, abbassando di una tacca e mezza le mie pretese dai livelli celesti di 'Dressed Up for the Letdown'. Avrò modo in futuro di elencare pregi e difetti di questa curiosa e bislacca prova di Swift, una spruzzata pop sulle sue classiche canzoni folk e certi gustosi eccessi di spassoso svacco glam (compreso un falsetto finale strepitoso), ma ora devo spiegare il motivo per cui ho ripiegato sui Camera Obscura. Non avevo voglia di uscire matto alla ricerca del disco del mese, cosa che infatti 'My Maudlin Career' è ben lungi dall'essere, per cui ho scelto pigramente di buttarmi sull'usato garantito. Avevo grandi aspettative sul nuovo disco degli scozzesi ed in parte resteranno tradite. Dopo il buon esordio Belleandsebastianiano di 'Biggest Bluest Hi-Fi', la mirabile rifinitura di 'Underachievers, Please Try Harder', e la meravigliosa svolta pop del sontuoso 'Let's Get Out of This Country', pensavo ad una nuova rivoluzione (chessò, elettronica, oppure rock) e invece la band di Glasgow ha deciso come me di non rischiare, tirando fuori una specie di compromesso stilistico tra gli ultimi due LP: meno svolazzi di violini rispetto al precedente e qualche briciola di contagioso intimismo in più, ripreso pari pari dai primi lavori (ad esempio in 'Away With Murder', che sembra una outtake di 'Underachievers'). Il mood romantico è enfatizzato da una Tracyanne letteralmente incantevole, con una voce magica come quasi mai in passato, eppure questo disco non mi ha emozionato come gli altri a marchio Camera Obscura.

Sicuramente è frutto dell'assenza di quell'effetto sorpresa che fino ad oggi era stato sempre replicato per miracolo. La band si è come fermata a rifiatare, guardandosi alle spalle e riproponendo una selezione riarrangiata di alcune tra le sue melodie più riuscite. Questo è l'aspetto più evidente di 'My Maudlin Career' e mi è sembrato giusto sottolinearlo, vista la sfacciata ostinazione con cui la band ha pescato senza limiti dal proprio repertorio. E' eclatante. Il modo in cui la title track cita un singolo peraltro recente come 'If Looks Could Kill' è sbalorditivo: un netto rallentamento e qualche tocco etereo come a impacchettare una nuova canzone, trasognata e affettata. No miei cari, chi vi ama non può cascarci. Questo caso mi indurrebbe a scrivere di "plagio" non fosse che i saccheggiati sono loro stessi. Però è ugualmente da bacchettata sulle mani. Altrove il gioco è più coperto e meno parossistico e resta una piacevole occupazione la caccia alla somiglianza: il ritmo di 'I Love My Jean' vampirizzato dalla coloratissima 'Swans', la neanche troppo vecchia 'Country Mile' incastonata con scarsa abilità mimetica dentro 'Other Towns and Cities', la spumeggiante indole di 'Lyoid' imitata un po' goffamente da 'Honey in the sun'. Certo la qualità resta alta, anche molto. Tracyanne è come una droga per me, e questi giochetti, queste autocitazioni occultate, si perdonano senza fatica. E' un disco leggero, gradevolissimo, adatto a contrastare il caldo che torna a farsi molesto. Un elogio della malinconia, che è quasi un'infezione trascinante dentro questi undici brani. Si resta affascinati, come sempre, anche se questa volta si conosce perfettamente la chiave che aziona il meccanismo. L'apice nostalgico arriva con la struggente 'Careless Love', ma anche il resto è all'altezza. Spunteranno nuovi estimatori, c'è da scommetterci, ma per la prossima uscita chiediamo qualche rischio o un briciolo di cattiveria in più.

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