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Finalmente un bel film che passa in televisione in prima serata, finalmente un bel film da Oliver Stone, uno che non mi faceva divertire tanto dai tempi assai remoti di ‘Natural Born Killers’. Sorpresa per la rapidità con cui questa pellicola ci entra in casa, presentata giusto un paio di mesi fa al Torino Film Festival ed evidentemente transitata nei cinema a velocità supersonica, sempre che ci sia andata effettivamente. Non so se l’anomalia sia dovuta alla sgradevole accoglienza ricevuta qui da noi, non mi sono documentato, ma può essere che nessuno abbia voluto distribuire il film in Italia ritenendolo poco conforme alla linea di chi comanda, anche e soprattutto nel settore. Per cui magari se l’è comprato La7 con buon anticipo e l’ha trasmesso, senza dare noia a nessuno visto anche che il tam tam pubblicitario è stato limitato ai sentieri della rete e a qualche quotidiano (tanto non li legge più nessuno, no?).

Allora, dicevo di quando fu presentato al TFF’08: ne parlano tutti i telegiornali, visto che si tratta dell’evento promozionale clou del miglior Film Festival italiano (escluso Venezia, in teoria), fortemente voluto da Moretti presumo, e considerato il nome pesante del regista (di cui ancora si avverte l’eco più per i suoi film politically correct sul Vietnam che non per il resto della filmografia). Accoglienza tiepida nel migliore dei casi, stroncature abbastanza feroci per lo più, ridicole in quanto a motivazioni e di un qualunquismo disarmante. Anche senza aver visto il film e non essendo certo un fan di Stone (di cui ho apprezzato veramente solo ‘Salvador’, ‘Talk Radio’ e ‘NBK’), ho intuito che, al solito, il gioco dei presunti critici alla Mollica fosse alquanto Sporco e ho preso in simpatia la cosa, se non proprio il film almeno l’idea, il soggetto. Ne è venuta fuori un po’ di curiosità da parte mia.

E’ un buon film. I paragoni più immediati che mi vengono in mente sono quelli con altre pellicole che parlano di personaggi controversi e tuttora “in carica”: ‘The Queen’ di Stephen Frears e ‘Il Caimano’ di Moretti. Se i collegamenti col secondo si limitano quasi esclusivamente a questo, la somiglianza dello sguardo con il primo, a livello narrativo e come biopic “non regolamentare”, mi sembra abbastanza marcata. Definirli film satirici è riduttivo. Questi sono ritratti impietosi, non così calcati o sproporzionati come avrebbero voluto farci credere. C’è ovviamente una tendenza alla deformazione grottesca, che è molto più accentuata e quasi poetica in un’altra opera del genere quale è ‘Il Divo’. Qui però il ricorso alla caricatura è limitato all’essenziale, il fatto che sembri abnorme non è da imputare a Stone quanto al personaggio che racconta, ai personaggi meglio. Maschere allucinanti quelle dell’entourage di Bush, maschere terrificanti dell’ideologia TeoCon che appaiono più vere del vero. Almeno a me. E il discorso vale per il protagonista incontrastato di questa tragicommedia, di questa storia che farebbe anche sbellicare dal ridere non fosse tutta incredibilmente vera. Meglio, molto meglio dell’analoga testimonianza di Michael Moore, più giocata sul potere manipolatorio dell’immagine per fare satira o strappare la lacrima a comando e dunque più vincolante in termini ideologici (non fraintendetemi, Moore mi piace un sacco comunque anche se quel film non mi ha entusiasmato). Qui il pensiero del regista è quasi completamente sepolto tra le pieghe della prospettiva scelta, che forza un po’ il resoconto ma senza caricare mai troppo, lasciando libero di agire il suo eroe inetto e disarmante, imbecille ma non come si immagina, inadeguato ma capace di arrivare al cuore della gente, patetico come Elisabetta in ‘The Queen’ e come lei addirittura umano, solo, sventurato.

Questo è il merito maggiore di un film che evita il rischio del manicheismo (sarebbe stato facile, scontato e sgradevole) e riesce comunque a  condannare il male nel suo protagonista rendendolo evidente, lapalissiano. Stone sembra amare il suo eroe, lo segue con un occhio che qua e là tradisce un po’ di benevolenza, un po’ di tenerezza addirittura, anche se sotto sotto affonda i colpi in maniera spietata, senza risparmiare nulla. Strepitoso Josh Brolin, veramente un mattatore assoluto. E accanto a lui un cast superlativo, con menzione speciale per lo Scott Glenn che interpreta il “gelido coglione” Rumsfeld con abilità mimetiche impressionanti e oselle ai migliori travestimenti da destinare ex aequo alla Condoleeza di un’avvizzitissima Thandie Newton (sì, proprio la bellissima di ‘L’Assedio’) e all’incredibile Dick Cheney di Richard Dreyfuss, icona spielberghiana trasformata in una sorta di mefistofelico Fagin. Notevole.

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