Wire @ Spazio211

27-3-2009

 

 

Quante parole elargite con leggerezza a proposito di modesti gruppuscoli di oggi. Parlo di me, che sono a volte troppo fatuo e tendo ad infiammarmi di entusiasmo per un nonnulla. Ma parlo anche di certe sbrodolature odiose che si leggono a volte sul web o sulle riviste, non necessariamente di esagitati e glabri fan al primo concerto della vita. Forse siamo tutti un po’ troppo generosi, forse c’è una certa stanca tendenza al mediocre alla quale ci siamo abituati e che ora nemmeno riusciamo a rilevare (la solita storia della ranocchia messa nella pentola con l’acqua fredda e molto lentamente riscaldata, vale anche per il quadro politico, anzi, pare proprio tagliata per descrivere quell’aspetto del nostro presente). Non so. Forse questa sorta di sfogo gratuito e generalista non ha nemmeno troppo senso e farei bene a tacere, ma… Beh, venerdì scorso c’erano i Wire in cartellone allo Spazio, hanno appena finito questo benedetto nuovo tour. Non li avevo mai visti dal vivo. Ero stato assai tentato nell’ultima edizione del Traffic ma io non sopporto gli eventi di massa, tanto più quando sono gratuiti e ti buttano in sequenza su uno stesso palco i Sex Pistols e i Wire (tanto è tutto punk, no? Fatemi il piacere, va) costringendo il pubblico dei secondi a sorbirsi non solo i primi ma anche il loro pubblico. Mi spiaceva non esserci andato, credevo fosse stata comunque un’occasione persa e invece loro mi hanno prontamente smentito.

Dici Wire, dici 2009 e sei libero di storcere il naso. Band con i migliori dischi che risalgono a tre decadi fa abbondanti, band che si sciolgono e si rifondano, senza soluzione di continuità. Ci sarebbero abbastanza spunti da restare quantomeno scettici di fronte a questo nuovo appuntamento degli inglesi con il nostro paese. Invece esce la notizia e sono contento. Ne parlo con Paolo e Iuri. Nemmeno loro riescono a capacitarsi di come una band di quella fama, per quanto sempre limitata ad un ambito di nicchia (una grossa nicchia, beninteso), possa far stare tutti gli eventuali appassionati dentro un locale carino ma angusto quale è di fatto lo Spazio. Questo nonostante i capelli grigi dei protagonisti, nonostante un cantante che più invecchia e più somiglia ad Albano, nonostante un disco recente dignitoso ma quasi pop, ben scritto ma scarico se raffrontato impietosamente con un ‘Pink Flag’ o anche solo con un ‘Chairs Missing’. E invece no. I Wire ci hanno dato una grande lezione di energia, serietà e carattere, tutte qualità di cui difetta la maggior parte delle formazioni sulla cresta dell’onda alternativa oggi come oggi. Bestiali, granitici, precisi, monumentali. Avessi avuto un cappello me lo sarei tolto. Mi sono limitato a fare quel che potevo, ovvero mi sono spellato le mani di applausi, come tutti gli altri 500 (sì, 500, allo Spazio!) spettatori. Che dire, lezioni del genere servirebbero a tutti, almeno una volta al mese. Cavoli come sarebbe bello!

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