Inchiuvatu @ Padiglione14
21/01/2011 _ Il nostro (altro) concerto

 

E’ stata indubbiamente una buona idea per Michele Agghiastru quella di rispolverare la sua più vecchia creatura musicale, gli Inchiuvatu, presentandoli in una originalissima combinata con quella che è la sua attuale incarnazione, frutto di orientamenti e di una sensibilità nuovi per quanto indubbiamente ancora legati al passato dalla potente (ed anche esaltante, dai) anima sicula che caratterizza nel profondo entrambi i progetti. Per Torino ed il Piemonte è stata la prima volta dal vivo di questo che è un nome storico del black metal italiano, seppur sviluppatosi indiscutibilmente (ed orgogliosamente) ai margini, con una forte identità peculiare al di fuori delle rigide e scomode etichette di genere. Il pregio assoluto di quella band e del suo disco più apprezzato (‘Addisiu’ del 1997, riproposto integralmente per la gioia dei numerosi fan accorsi al Padiglione 14 di Collegno anche da fuori Piemonte), risiedeva proprio nell’originalità di una proposta coraggiosissima perché tesa a mescolare i riferimenti in maniera alquanto radicale: metal come vestito, la robusta tradizione rock progressiva italiana anni ’70 come cuore pulsante e sangue, oltre ai sempre vitalissimi richiami folklorici siculi, vera grande anima di questa curiosa ibridazione rock. Agghiastru è molto legato ad Inchiuvatu per tutto ciò che quel nome ha rappresentato e rappresenta. In più di un’occasione mi ha confessato di patire un po’ oggi come oggi il dover tornare all’esperienza metal, di non riconoscersi più come un tempo per il fatto di essere cambiato, di aver scoperto interessi musicali nuovi, anche se non lontani come si sarebbe portati a pensare. Sicuramente è vero, perché questa rivendicazione è più che comprensibile: impossibile amare allo stesso modo a trentacinque anni ciò che facevi a venti. E tuttavia, tralasciando queste sue legittime rimostranze, mi è bastato vederlo in azione su quel palco, elegantemente vestito, luciferino più che mai e con una chitarra elettrica (finalmente) tra le mani, per rendermi conto che una parte di lui non potrà mai fare a meno di amare Inchiuvatu ed il relativo corredo di simboli. Semplicemente perché Inchiuvatu rappresenta in maniera mirabile il fatalismo irriducibile della sua terra, filtro tramite il quale la realtà è osservata e misurata. I tratti cardine della cultura siciliana trovano echi preziosi in un album incontenibile come ‘Addisiu’, per cui è inevitabile che il buon Michele non possa smettere di identificarcisi, anche con un certo (necessario) orgoglio. Un viaggio continuo tra sacro e profano condotto con la sola grande arma che contraddistingue da sempre tutti i siciliani: un’ironia fuori dal comune. E poi meraviglie e miserie, magnificenza e decadenza, cultura ed ignoranza, estro ardito e rassegnazione. Ed in fondo a tutto questo l’”addisiu”, il desiderio di ambire, di trovare un senso, di dare una risposta alle solite grandi domande della vita. Condizione atavica di ogni siciliano: “Domandare sempre, agire mai” direbbe lui, che non a caso nei panni riesumati di Inchiuvatu è stato assolutamente grandioso, godibile anche per quei pochi tra i presenti (mi ci metto) che hanno poca dimistichezza con il genere. Il fatto che, come detto, si sia trattato di qualcosa di molto particolare anche in ambito metal non può non aver pesato (molto melodiosi certi pezzi pur tiratissimi, grazie alle irresistibili nenie sicule sparate a palla – solo basi, ma di grande effetto – in accompagnamento alle chitarre), ma è indubbio che l’energia di Michele e del fidato Franco Barbata abbiano avuto la loro parte nel decretare il successo del concerto. Pubblico festoso e convintissimo, vendite notevoli al banchetto del merchandising, circa centocinquanta presenti: insomma, un successone. E non certo di minor spessore si è rivelata la seconda parte del set, quella dedicata ad un rapido excursus nell’avventura Agghiastru. Davvero apprezzabile la volontà di proporre ad un pubblico più legato al passato dell’artista anche pagine più recenti delle sue esplorazioni musicali, nella fattispecie quelle che hanno certificato la sua maturazione in cantautore di stampo folk desertico, sempre indissolubilmente legato alla matrice sicula ma per molti versi più moderno, di più ampio respiro. E’ l’Agghiastru che conosco meglio, senza dubbio, ma la scelta di arrangiamenti nuovi ed ancora più ruvidi, secchi ed elettrici (vedi in 'Tintu' e 'Amorte') oltre ad un accompagnamento ritmico migliorato (Franco aveva un basso vero e Natascia è cresciuta moltissimo alla batteria) e al minor spazio riservato ai comunque godibili intermezzi teatral-surreali hanno reso particolarmente asciutta e pregevole anche questa seconda porzione di show. Nell’insieme quindi, nonostante le limitazioni inevitabili dovute alla difficoltosa conciliabilità dei due distinti momenti sonori, l’esibizione si è rivelata di alto profilo dall’inizio alla fine. Encomiabile il pubblico, elemento a proposito del quale erano legati i miei soli dubbi della vigilia: in tanti hanno seguito anche lo show di Agghiastru, continuando ad incitare l’ex ragazzo di Sciacca con entusiasmo intatto. Una bella prova di sensibilità e riguardo, per una volta anche al di sotto del palco (ripeto: non era affatto scontato). Molto soddisfatto Michele a fine concerto, vista la riuscita di una proposta insieme retrospettiva e progressiva. Ed intanto il viaggio e l’addisiu continuano: tra non molto il terzo disco di Agghiastru vedrà la luce e si preannuncia almeno in parte diverso dai suoi predecessori. Garantito che ve lo racconteremo…  
 
SETLIST INCHIUVATU: 'Cu Sangu a L'Occhi', 'Nenia', 'Nenia II', 'Pecura Niura', 'Aciddazzu', 'Castiu di Diu', 'Lu Jocu di Li Spiddi', 'Ave Matri', 'Trinaka', 'La Cruci', 'Cristu Crastu', '33', 'Luciferu'; SETLIST AGGHIASTRU: ‘La Morti’, ‘Veni’, ‘Addisiu’, ‘Unia’, ‘Curù’, ‘Jaddinu’, ‘Quiete Morente’, ‘Viogna’, ‘Nichea’, ‘Fui'’, ‘Ferru e Focu’, ‘L'Incantu’, ‘Stravia’, ‘Amorte’, ‘Tintu’, ‘Sangu’, ‘Tintatu’.

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