Boss Hog @ Spazio211

17-05-2009

 

Una decina di anni fa ero in fissa per Cristina Martinez. I Boss Hog pubblicavano il terzo album per questa formazione-capriccio, un regalo del signor Jon Spencer alla meravigliosa consorte come band giocattolo da promuovere nei tempi morti tra una pubblicazione JSBX e l’altra. C’era la band e c’erano i suoi dischi, ma all’epoca passarono abbastanza inosservati da queste parti. Era rock’n’roll brutto, sporco il giusto e cattivello, come usava negli anni’80. Ma si era alla fine dei’90, troppo tardi per riproporre il garage à la Pussy Galore, troppo presto perché questi suoni tornassero ad essere sufficientemente cool. Eppure i Boss Hog di allora erano sulla strada giusta, in anticipo di un lustro almeno: l’album omonimo lo diceva chiaramente, passando l’attitudine del duo attraverso il filtro delle nuove sonorità di stampo grunge, che tanto nuove in fondo non erano memmeno più. Il successivo ‘Whiteout’ avrebbe giocato ancor di più la carta di un imbastardimento modaioloche all’epoca suonò come una vera e propria resa mainstream, un compromesso con il pop in cambio di qualche corsa malpagata sul rollercoaster di MTV. Tutto giusto in un certo senso: Jon coltivava la propria intransigenza col progetto principe e la ragazza poteva trovare una buona valvola di sfogo nella discreta esposizione televisiva che ebbe. Il videoclip di ‘Whiteout’ la rivelò al top di ogni scala, sensualità e bellezza su tutte. Ma quello era già il tramonto del gruppo, paradossalmente. Non avremmo immaginato che Cristina sarebbe finita presto nell’album dei ricordi e che anche le uscite di Jon sarebbero andate via via esaurendosi (oggi si recensisce la Bud Spencer Blues Explosion, pensa un po’).

Così ci siamo dimenticati di Cristina e della sua accolita di scoppiati garagisti e la notizia della reunion, a così tanto tempo dagli ultimi fuochi, ci ha piacevolmente sorpreso. Certo c’erano i dubbi della vigilia per questo tour tirato sù con la sola arma della voglia, con non pochi interrogativi in merito allo stato di forma di una fuoriserie per così tanto ferma ai box, e per una formazione al completo di cui non si era mai più sentito parlare (Jon a parte). E invece questi ragazzacci hanno sfoderato un live della Madonna, facendo impallidire anche il rumoroso antipasto delle simpatiche streghette finlandesi Micragirls. Stato di forma eccellente come negli anni d’oro, ed evidentemente in crescita (a fine tour cosa potrebbero tirare fuori?). C’è da augurarsi che ritrovino l’ispirazione per licenziare un nuovo album, senza bisogno del capolavoro che nessuno si aspetta da loro ma almeno di una buona fotografia di questo particolare momento, una poderosa mazzata sull’incudine ora che è bella roventa. Hollis Queens e Jens Jurgensen hanno pestato come degli ossessi, ribadendo che i Boss Hog erano e sono un gruppo coi controcoglioni. Un lusso il tastierista esagitato e grottesco, rispettoso delle gerarchie un Jon Spencer sempre e comunque adorabile (fosse dipeso da lui il concerto sarebbe finito il mattino dopo). La vera sorpresa però è stata Cristina. Bella come nemmeno speravo di ritrovarla, a quarantanni compiuti (ma chi li ha visti?). Carica come un giocattolo a molla, intensa e splendidamente rock, corvina, provocante, trascinante, dominatrice. E dire che nel frattempo avevo quasi avuto la tentazione di rimpiazzarla con Alison dei Kills, sul trono delle muse rock più fascinose. Col senno di poi dico che no, non se ne parla: io mi tengo il mio fustino vecchio. Lo scambio proponetelo a chi i Boss Hog, oggi come ieri, se li è proprio persi.

0 comment