Hombre Lobo

 

Tra le personali delusioni dell'anno appena andato in archivio tocca infilare senza cattiveria anche la nuova, irsuta confessione dell'uomo lupo dell'indie made in U.S.A. In attesa di quella "fine dei tempi" che a breve magari arriverà a smentire quanto da me scritto nel pezzo di giugno su Monthlymusic, resta l'amara constatazione di un mezzo passo falso dopo il trionfo autobiografico di 'Blinking Lights and Other Revelations'. Certo va chiarita la misura del termine delusione: 'Hombre Lobo' di per sé non è affatto un brutto disco. Per i neofiti dello stile Eels può sembrare anche un lavoro godibile nel suo croccante manicheismo easy listening: come breve compendio della filosofia musicale del suo bizzarro autore funziona a dovere, spaziando con meccanica regolarità dai ruvidissimi e spigolosi bozzetti alla 'Souljacker' alle enfatiche delicatezze di 'Daisies of the Galaxy', riveduto e corretto per l'occasione ma solo nelle intenzioni. Il problema di Mr. E a questo giro è la pochezza – diciamo pure l'assenza – di idee nuove da sviluppare. Everett è stato bravo nel rielaborare un numero limitato di spunti, di loro già alquanto logori visto l'abuso fattone negli ultimi dodici anni, ma il risultato può accontentare solo i fan più accaniti e meno esigenti, quelli che troverebbero il massimo appagamento nell'assistere alla millesima replica del medesimo spettacolo (basta confermarne immutata la formula ed il gioco è fatto). Anche la convinzione questa volta sembra fare difetto, con esiti prossimi al macchiettismo e alla caricatura (soprattutto negli episodi più abrasivi e di maniera, pur se divertenti) sì ché il desiderio evocato nel sottotitolo sa tanto di simulazione, in barba (lunga, lunghissima) alla sincerità del capolavoro eelsiano di quattro anni fa. Un passaggio meno riuscito a base di iperboliche autocitazioni ed ibridi bizzarri come 'All The Beautiful Things' e 'The Longing' (per una lista più accurata di rimandi più o meno sbracati si legga la recensione) ci può stare, specie da un songwriter anomalo e delizioso come Everett. Solo c'é da augurarsi che dopo questa piccola festa del riciclo ai box, il nostro favoloso uomo lupo sappia tornare in pista con le giuste motivazioni, magari radendosi completamente e rispolverando l'improbabile e sfigatissimo cappellaio matto dal cui cilindro sono usciti 'Beautiful Freak' e 'Electro-shock Blues'. Inutile e sciocco pretendere che Mr. E si reinventi di sana pianta, ma aspirare ad un ritorno leggero e non teatrale alla curiosità e alla tenerezza delle sue pagine migliori sembra una richiesta più che lecita da parte di chi lo ama così tanto. I passaggi più riusciti di 'Hombre Lobo' possono fare la loro parte offrendosi come punti di partenza. 'What’s a Fella Gotta Do', 'Beginner's Luck' e – perché no – anche l'irresistibile faciloneria di una 'That Look You Give That Guy': a guardar bene la direzione è già segnata e se è vero che chi ben comincia è già a metà dell'opera, beh… che la fine dei tempi venga dunque!

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