Il Nipote                        _letture

 

Doppia Review dedicata a James Purdy, come promesso il mese scorso quando scrissi senza troppo entusiasmo a proposito del suo esordio 'Malcolm'. Di essermi imbattuto in un autore di un certo spessore mi sembra di averlo già affermato in quell'occasione. Ora torno sull'argomento per avvalorare l'impressione di allora, avendo nel frattempo consumato altri due suoi romanzi, entrambi assolutamente significativi. Meglio, molto meglio di 'Malcolm' questa opera seconda, 'The Nephew', pubblicata appena un anno dopo (1960) eppure così incredibilmente diversa. Il taglio espressionista che caratterizzava la surreale avventura del ragazzo bramato da tutti è rovesciato nella prospettiva di un realismo piano e rigoroso. L'enfasi riservata al piano simbolico del racconto è scomparsa, così come le ingenuità inventive e le non rare banalità nella trama. Al loro posto una prova superba in termini di sottile narrazione psicologica. Purdy lascia da parte la pirotecnia dell'azione per farsi cantore eccelso di stati d'animo, di fragili ma sostanziali equilibri relazionali, di vite marginali fatte di ritualità e piccoli gesti. Avrebbe potuto annoiare o scivolare nuovamente (a maggior ragione data l'ambientazione) in un comodo e bieco Gotico Americano, invece risulta commovente. Grandi temi esistenziali rattati con maturità sorprendente ma senza voler imporre né lezioni né la propria morale di fondo. Un anno di distanza, quasi due scrittori diversi: insistere, per quanto mi riguarda, ha pagato. E un certo Cabot Wright lo ha confermato… 

Negli anni della guerra di Corea, gli anziani fratelli Alma e Boyd Mason trascorrono le loro giornate sempre uguali aspettando notizie dal fronte dove il nipote Cliff sta combattendo. Un laconico telegramma che da per disperso il giovane spezza l'incantesimo e disegna per questa anomala coppia una diversa quotidianità: rituali e preoccupazioni nuove per colmare il vuoto ed il silenzio di un'assenza improvvisa. Mentre Boyd vive senza condividerlo con altri il proprio dolore ("Non hai il minimo senso della comunità", lo ammonisce spesso Alma), la sorella decide di scrivere un memoriale sul nipote, una commemorazione infarcita di ricordi personali ed alimentata dalla speranza del suo ritorno a casa. I primi giorni Alma sembra trovare pace e raccoglimento nelle sue confuse meditazioni sul tempo e sul giovane, scoprendosi anche più tollerante nei confronti del fratello. Trascorre molto tempo "a dare, in un modo vago e sognante, nuova forma alla vita di Cliff", cercando di leggere nelle sue stringate lettere dal fronte "quel molto che c'era", specie nelle omissioni, ed il promemoria somiglia sempre più nelle intenzioni alle ricette di cucina scritte da sua madre tempo addietro, "perché qualcuno avrebbe potuto avere bisogno di consultarle quando lei non ci fosse più stata". La speranza tuttavia sbiadisce poco per volta, con la consapevolezza di non avere nulla di significativo da scrivere. La sensazione di aver conosciuto il nipote meno di tutti gli altri, pur amandolo come forse nessuno, diventa certezza man mano che le sue indagini presso i vicini entrano nel vivo. Spiazzata dall'inesorabile ingarbugliamento del tempo, dei ricordi e di verità del tutto ignorate, Alma mette da parte i suoi propositi preferendo tuffarsi anima e corpo nei problemi degli altri, con disagio e perplessità crescenti ma anche con il sollievo di una prolungata evasione dal proprio soffrire. Alla fine saprà però affrontare a viso aperto la realtà con la consapevolezza che ognuno ha le proprie croci, registrando la fine di illusioni e certezze che l'inevitabile chiusura della propria ricerca porta con sé: "il tempo è proprio strano", afferma lei ad un certo punto, "per un po' le cose cambiano impercettibilmente, poi, all'improvviso, sono irriconoscibili".
Ad appena un anno di distanza da 'Malcolm', Purdy torna a raccontare la marginalità di un'America minore riuscendo là dove forse aveva fallito. L'evanescente macchiettismo allegorico dei suoi primi personaggi è rimpiazzato in questo caso dalla superba concretezza con cui viene raccontato il mondo quasi immobile degli anziani fratelli Mason e l'incerto ma sostanziale equilibrio tra loro. Purdy scrive con precisione e finezza psicologiche rare, tratteggiando con realismo affettuoso la sua indimenticabile protagonista in lotta contro l'inesorabilità del fato: i suoi sentimenti franchi e limpidi, la sofferenza dietro al non detto, l'amore non confessato e andato irrimediabilmente perduto, la sua "grigia malinconia" come schermo perenne al senso di una morte mai raccontata ma sempre incombente. Riuscitissimo anche il personaggio di Boyd, razionale, pragmatico ed opportunamente evasivo ("Io ci tengo ad esser sordo quando si parla di certi argomenti"), ma anche fondamentale per mitigare l'istinto della sorella e sostenerne la volontà nei momenti peggiori. Descrivendo in modo acuto ma sincero il loro "specioso presente", servendosi di una narrazione regolare e priva di eccessi inutili o forzature, l'autore riesce a rendere al meglio stati d'animo, pregiudizi ed incomunicabilità nella quiete senza tempo di una provincia ormai perduta per sempre. Una qualità pura, preziosa, che fa di 'Il Nipote' un romanzo commovente ed assolutamente riuscito.

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