The Stars are Indifferent to Astronomy

       

E’ stato davvero curioso il 2012 dei Nada Surf. Sono tornati a gennaio dopo una lunga assenza, con una formazione più quadrata (nel vero senso della parola, arricchita cioè da un quarto componente extra-lusso, il chitarrista dei Guided By Voices Doug Gillard)  e un disco che sin dal titolo sembrava promettere veramente grandi cose. Ai tempi del precedente ‘Lucky’ non ero stato troppo tenero con loro, avendo ravvisato un certo calo di ispirazione rispetto agli ultimi lavori in studio (‘The Proximity Effect’, ‘The Weight is a Gift’ e – soprattutto – l’indimenticabile ‘Let Go’). A posteriori tocca riconoscere che, se non altro, dentro ‘Lucky’ facevano bella mostra di sé alcune delle loro più intriganti canzoni di sempre (‘See These Bones’, ‘Beautiful Beat’ e ‘The Fox’), mentre quest’ultima fatica sembra aver colpito del tutto a vuoto anche in quelli che dovevano essere i suoi pezzi forti, i singoli per i network commerciali. Qualche volta si è intravista ‘Waiting For Something’ col suo bel video newyorkese, ma i paragoni con il passato anche recente sono parsi impietosi. Pochi slanci, poco nerbo, un’adagiarsi sostanziale ai canoni di un college-rock garbato ma anonimo, tiepido e inutilmente calligrafico. Potrei passare per un mostro senza pietà nei loro confronti, anche perché sono in tanti ad aver espresso giudizi ben diversi dai miei sia su questo che sul precedente lavoro della band. Invece no. Lo dimostra l’entusiasmo che il gruppo statunitense ha saputo regalarmi nello splendido concerto a Mezzago un annetto fa, già raccontato a suo tempo su queste pagine. Nel pezzo su Monthlymusic non ho nascosto i limiti di un album che ricorderò tra le più cocenti delusioni dell’anno da poco archiviato, proprio perché mi aspettavo – o speravo in – qualcosa in più (per la cronaca, le altre sono ‘Love at the Bottom of the Sea’ dei Magnetic Fields e ‘To The Soul’ di Frida Hyvonen, tutti da sufficienza davvero molto risicata). Non ho affondato il colpo perché adoro questi ragazzi. Li ho raccontati con la benevolenza del fan che ha ormai capito che tutto il meglio è già stato, ed ora si vive di repliche generose e meritate. Basta che i tre Nada Surf (più la chitarra di Doug, vabbé) riescano ancora a tirare fuori quelle piacevoli sortite di tanto in tanto, per far festa con gli aficionados convocati a raccolta, e possibilmente non li illudano di nuovo con specchietti per allodole come il bel titolo di questo disco. A conti fatti, la sua dote migliore.

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