Warm Slime

 

Mentre è già stata annunciata una nuova uscita per il mese prossimo, stesso periodo in cui torneranno a farsi vedere nel nostro paese e faranno un salto anche qui a Torino, mi tocca liquidare con due parole di presentazione l'ultimo album sin qui licenziato dai Thee Oh Sees ormai quasi un anno fa, quel 'Warm Slime' che fu una parziale delusione. Si dice sempre che moltiplicare gli sforzi e le pubblicazioni discografiche non paga, ma non mancano mai i fan pronti a smentire assunti di questo tipo citando tra le note "a favore" la generosità, merce sempre più rara in tempi in cui ogni dettaglio è stra-ponderato e nessuno regala mai nulla. Io per primo ho sempre valutato positivamente la prolificità del gruppo di San Francisco, autore di più di dieci LP (alcuni dei quali sono in realtà raccolte di demo e bozzetti più che dischi veri e propri) in un lustro o giù di lì. Con 'Warm Slime' ho in parte dovuto ricredermi, convinto che un annetto sabbatico avrebbe forse giovato alla combriccola pilotata dal folle John Dwyer. Mi avevano abituato bene coi loro dischi sgarrupati ma immancabilmente belli e godibili, da 'Cool Death' a 'Master's Bedroom', da 'Hounds of Foggy Notion' ad 'Help', lavori che nel volgere di pochi anni avevano permesso loro di farsi apprezzare grazie ad uno stile peculiare e agilmente riconoscibile, sintesi perfetta del garage pidocchioso portato in dote dal frontman e di quelle svenevolezze vocali così demodé che sono l'inconfondibile marchio di fabbrica della sua controparte femminile, la splendida Brigid Dawson. Il problema per 'Warm Slime', la ragione di questa parziale inversione di tendenza, risiede proprio nella rottura di tale equilibrio. Il noise-punk pestone ed allergico all'alta fedeltà tracima, assieme a quell'approssimazione di forma che è sempre stata nelle corde di Dwyer e che – va detto – di per sé non è affatto un male. Certo senza i coretti alieni della Dawson, tutto il gioco finisce col mostrare un po' la corda. La naturale simpatia per una band così fuori dai giochi e dalle logiche commerciali resta intatta, anzi. Il fatto di presentarsi agli ascoltatori con un brano d'apertura a tal punto spavaldo ed arrembante, tredici minuti e mezzo di schiumanti marosi elettrici, è una scelta kamikaze che merita comunque rispetto. I Thee Oh Sees restano una realtà di rara purezza e questo è un titolo di merito che nessuno potrà negargli. Sono anche uno di quei gruppi che creano ottimo pop per vie traverse, travestendolo ed imbruttendolo grazie ad un sano e coerente terrorismo sonoro, ed anche questo è uno dei dettagli che li rendono così irresistibili. Però, insomma, li preferivo quando di autentiche bocche da fuoco ne avevano due, non una soltanto. La speranza a questo punto, archiviato 'Warm Slime' tra i prescindibili della loro già ampia discografia, è che l'imminente 'Castlemania' ritrovi col delirante vetriolo di Dwyer anche la magia del tocco femminile. La copertina e quel teaser, "Sunshine pop album", sinceramente promettono bene.

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