In viaggio contromano  _Letture

      

Gran belle sorprese Michael Zadoorian e il suo “Leisure Seeker”. Per chi ama la scrittura del miglior Douglas Coupland, infarcita di sguardi sempre colmi di meraviglia sulla vita, di ironia (rigorosamente senza cinismo) e talento nell’ordinario, un libro che non deluderà. Sorprendente soprattutto l’immedesimazione dell’autore in un io narrante donna e in età avanzata, protagonista vivacissimo di un romanzo scritto evitando i colpi di teatro ruffiani eppure toccante come di rado ne capitano, inesorabile nella presentazione del proprio punto di vista su un tema di scottante attualità come l’eutanasia, eppure gentile nel non proporsi con chissà quali irriducibili verità, anzi, alquanto tollerante nel proporsi come una voce tra le tante. Al centro, un’umanità tanto convincente da un punto di vista letterario quanto genuina sul piano delle emozioni: dignitosa, onesta, autentica, con i suoi messaggi non banali sull’amore, la malattia, la morte. Se avete un cuore, questo libro lo accarezzerà. A me, almeno, è andata così. E non vedo l’ora di affrontare quella che è considerata l’opera migliore dell’autore, “Second Hand” (prima però devo comprarlo: in biblioteca non si trova). 

Ella e John sono sposati da quasi sessant’anni. Una coppia solidissima di individui ormai molto fragili. Lei è malata di cancro in fase terminale, lui ha un Alzheimer galoppante che lo costringe ad un eterno presente in cui la ragione fa capolino solo di rado e per pochi, preziosi attimi. Lei minata nel fisico, lui nella mente, sono comunque una persona intera a patto che restino insieme, inseparabili, in perfetta simbiosi. Ella è l’io narrante schietto ma cordiale, il “capitano di questa nave di pazzi”, e il libro funziona come suo personale diario di bordo in un ultimo viaggio verso il crepuscolo da compiersi senza fretta, tensioni o timori di sorta, e senza rimpianti soprattutto. Una vacanza necessaria, programmata in barba ai dettami (e all’accanimento) dei medici e all’ansia dei parenti più prossimi, una figlia e un figlio di mezza età che sono rimasti a grandi linee i frugoletti dei giorni più spensierati. La prospettiva è quindi quella di persone semplici, genuine e di sani principi, da sempre chiamati a viaggiare come turisti, per divertimento, non certo per allargare i propri orizzonti. L’avventura di “In Viaggio Contromano”, tuttavia, è diversa. Non un itinerario alla scoperta di luoghi bensì alla riscoperta di se stessi, dei propri limiti, per poterli scavalcare e per concedersi, con il lusso della scelta, il più degno e appagante degli approdi.
“Leisure Seeker” è il romanzo della gente “che resta”. Di quelli che viaggiano per apprezzare ciò che hanno. Che non sono destinati a traguardi clamorosi, a nulla di straordinariamente bello o brutto, che si barcamenano con le proprie regole tra lavori, mutui, abitudini, gioie e sofferenze spicciole e potranno dirsi realizzati solo con l’amore e il benessere dei propri cari, con la solidità di una casa a cui tornare sempre. Ella e John sono la casa l’uno dell’altra, insieme, fino all’ultimo istante e nella più remota delle avversità. Forse è per questo che la sola vera preoccupazione dell’uomo, puntualmente silenziata dalla presenza stessa della moglie, è se siano o meno a “casa”. Poi certo, nel libro di Zadoorian c’è molto di più: ironia, amarezza, ricordi personali e fette più o meno significative di una memoria collettiva, condivisa, oltre a una bella sfilza di imprevisti e accadimenti curiosi, stravizi, medicine e cocktail galeotti, che contribuiscono a rendere agile e molto piacevole la lettura con il suo carico di riflessioni tutt’altro che banali.
“Il mondo è pieno di luoghi dove vorrei ritornare”. Si apre così il romanzo, con questa citazione, e sin dalla prima tappa, luogo di una lontanissima luna di miele compiuta in Greyhound, si snoda come lunga escursione a ritroso (contromano) nei giorni fondamentali di un passato magari modesto ma entusiasmante perché costruito sempre in due. E il cammino stesso, il teatro di questo ritorno, è la leggendaria Route 66, coprotagonista assoluta e mito per intere generazioni di lettori che, avendola percorsa in tenera età, non potranno che voler tornare a vederla presto o tardi. Sotto le ruote del piccolo ma fidato Leisure Seeker c’è lei, bistrattata e disgregata già negli anni sessanta, tra tratti chiusi, sepolti, restituiti alla natura selvaggia o rimpiazzati dalle immancabili e odiose autostrade a quattro corsie, figlie di un progresso impassibile che non fa sconti. Fuori dai finestrini scorrono invece gli Stati Uniti minori, marginali, infinita provincia e frontiera che fu, dove “il pacchiano diventa grandioso” e “il cattivo gusto è moneta corrente” (memorabile la statua gigantesca di Paul Bunyan, come in “Fargo” dei fratelli Coen), dove cittadine un tempo floride languiscono nell’ipocrisia dell’abbandono (tipo la mitica Gary, Indiana, qui soltanto menzionata) a testimonianza di una transitorietà che fa da monito ricorrente e fin troppo emblematico.
Dieci capitoli, dieci stati in un tragitto dalla depressa Detroit, Michigan, alla scintillante Disneyland in California, come implicito consuntivo su una vita ricca e regolare, pur nei limiti della sua tranquilla mediocrità. Sono le puntuali proiezioni serali di diapositive di famiglia a rendere inequivocabile la sua peculiarità come raccolta di istantanee. Bastano un rumore, un profumo o un colore a spezzare la cronaca, gradevole nella sua franchezza, con inserti della memoria intrisi di misurata nostalgia e calda, frugale meraviglia, per regalare alla narrazione quel respiro speciale con il suo sguardo diverso sulle cose, intimo e sentimentale ma mai patetico. Scrive in maniera limpida Michael Zadoorian, da virtuoso dell’ordinario, con quel tono informale e amichevole, per nulla ricercato, che evita accuratamente voli pindarici o spocchiosi bizantinismi ma sa rendere con straordinaria verità la tenerezza tra i due coniugi, risultando commovente senza forzature meschine, in modo pulito. Ha un tocco di deliziosa umanità à la Coupland (il senso di consolante irrilevanza al cospetto del Grand Canyon, l’illusione che la vita possa durare per sempre quando ci si specchia nella compiutezza di un cielo o di un oceano) e se ne serve con estremo profitto nelle sue frequenti (diciamo pure ininterrotte) considerazioni sul tempo che corre, il passato che sbiadisce nei pensieri, la vecchiaia, la malattia, l’eutanasia, il mistero della morte. Nondimeno ricorre continuamente a metafore di evidente efficacia, dalle città fantasma alla piattezza standardizzata dei luoghi comuni legati al mito della Route 66, alla paura del buio e della notte con tutte loro implicazioni.
Disneyland è la meta ultima, l’emblema dei tanti “momenti perfetti” di felicità condivisa con i propri figli piccoli, e attraverso i loro occhi di bambini. Un “luogo della memoria annidato in un anfratto profondo” del proprio essere, “un mondo splendente di energia e luce, dove i colori sono diversi rispetto alla terra” o “forse noi diventiamo i colori, la luce che si riversa sul castello dal cielo”. La ricerca della capacità di meravigliarsi ancora come una volta, senza affidarsi alle illusorie promesse di religioni e paradisi, diventa allora il vero scopo del viaggio di Ella e del suo ormai inconsapevole John. Una prospettiva serenamente laica e innocente che illumina il “lieto fine” anomalo delle battute conclusive, rendendo quasi impossibile per il lettore sottrarsi all’immedesimazione empatica nella pienezza di un amore che superi anche l’ultimo steccato.
Un gran bel libro “Leisure Seeker”, sincero e toccante con la sua semplicità autentica.

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