Pornonazi _Letture

       

Oh, questo è davvero un romanzone favoloso e mi fa piacere presentarvelo. “Pornonazi”, titolo che è tutto un programma ed è assistito a dovere dagli stralci fuorvianti della critica piazzati con scaltrezza nella quarta di copertina. Poco nazismo grazie al cielo, almeno in termini nostalgici, e ancor meno sporcaccionate stile Cinquanta Sfumature. In cambio una spy story che si diverte a volare altissimo, specie quando il crepuscolo decadente si infiamma su una Germania prossima all’anno zero. Caldamente consigliato!

Febbraio 1941, Berlino. Karl Fußmann è un giovane chimico, magnetiseur amatoriale e feticista degli stivaletti. E’ appena stato assunto come assistente scientifico presso l’Istituto d’Igiene delle SS, al servizio di una “selezionata comunità di accademici falliti e addormentati”, per sintetizzare un rimedio contro la malaria che consenta alle truppe di Rommel di non rischiare di perdere la cruciale campagna militare nei deserti del nord Africa. Insofferente alle ipocrisie borghesi della bella società, l’“assembramento di larve e parassiti” frequentato dalla fidanzata Johanna, rappresentante di moda e cantante su lussuose navi da crociera, recita la parte di una tranquilla coscienza critica nel retrobottega del regime nazionalsocialista. Quasi subito viene assegnato alle dipendenze del sottotenente SS conte Ferfried Gessner detto Ferrie, aristocratico, sportivo, dandy, di bella presenza e con una passione per l’entomologia e i documentari.

 

Mentre il suo talento comincia a farsi apprezzare nei laboratori del Reich, è proprio il brillante superiore ad “assoldarlo” per una segretissima missione collaterale, consistente nel recapitare preziose pellicole a colori Kodak al suo cameraman di fiducia, Aurel B. Holsten, nell’arcadia montana di Berchtesgaden, alta Baviera. In questo luogo, prossimo al celebre rifugio hitleriano del Berghof, Ferrie e il suo sodale realizzano i film pornografici della loro clandestina società cinematografica, la Sachsenwald Naturfilm GmbH, a quanto pare su incarico di alti papaveri per far sì che le truppe non sfoghino i propri bollori con meretrici malate di sifilide, in realtà per ottenere ricchissime concessioni petrolifere dai magnati in Libia, pronti a fare follie per materiale di questo genere.

 

Proprio nella residenza del conte Gessner, Fußmann viene sedotto con l’inganno dalla fascinosa pornoattrice Lotte, che gli si concede nel bel mezzo di un’escursione nella natura e lo fa filmare a tradimento da Holsten, così che faccia da rimpiazzo al prestante coprotagonista della pellicola, resosi irreperibile. Per Karl è l’avvio di una perversa spirale di ossessione, minacce – dal protettore della donna, il sadico Detsen, come dal responsabile dell’Istituto di Igiene, Böhme, che sospetta traffici loschi – e sesso a pagamento nell’esclusivo bordello berlinese in cui la donna si prostituisce. L’attrazione è fatale, l’“incontro fortuito di un ombrello con una macchina da cucire”, ma l’inabbordabile tariffario del postribolo costringe il malcapitato, sull’orlo di un baratro emotivo ed economico, a chiedere un prestito al facoltoso padre di Johanna, nel frattempo messa incinta in una delle rarissime occasioni a disposizione della coppia.

 

Quando l’ambiziosa Lotte, pure coinvolta dalla relazione con il giovane scienziato, sceglie di inseguire il sogno di una carriera cinematografica di rango in quel di Babelsberg (la Hollywood tedesca) e rifiuta la sua proposta di matrimonio, Fußmann si vede costretto ad accettare l’ordine di trasferimento in Libia, per trovare sul campo un rimedio alla malaria dopo i reiterati fallimenti di uno svagatissimo (e ora morto, pare) Ferrie: è la sola via di uscita possibile all’intricato garbuglio in cui si trova invischiato e a una vita senza più stimoli accanto a Johanna e al figlio indesiderato.

 

Ma in Nord Africa il Nostro antieroe si trova coinvolto in una serie di eventi tragicomici e di rocambolesche situazioni, sfuggendo per il classico rotto della cuffia ai tentativi di assassinio di un paio di sicari vecchio stampo, al doppiogiochismo di chi proprio non si aspetterebbe e allo spietato Detsen, salvato per ben tre volte da uno strano angelo custode, il “ragazzo magnetico” Kornel, per poi fare ritorno in una Germania rasa al suolo solo diversi anni dopo. Negli Stati Uniti inarrestabili del primo dopoguerra sembrerebbe poter coronare il sogno di quella passione senza eguali con la sola donna che abbia saputo stregarlo anche se, a quanto attestano le indagini di un investigatore privato, mandato dai genitori di Johanna a investigare, il destino sembra avere per lui e Lotte ben altri piani, quando tutta la follia vissuta in cinque intensissimi anni gli presenta un conto salatissimo.

 

Mai come nel caso di “Pornonazi”, le enfatiche etichette piazzate in controcopertina dall’editore suonano come un bieco specchietto per le allodole. “Sesso, molto sesso, nazismo, ancora più nazismo” recita il recensore del Guardian. Niente di più falso. Chi vada in cerca di uno squallido romanzaccio erotico casca male, perché di sesso in queste cinquecento e passa pagine ne incontrerà pochissimo. E meno male, vien da pensare, visto che il capitolo dedicato alla malata liaison carnale tra i due protagonisti è il più lungo e ripetitivo del libro, ancorché vergato da una penna eccellente e con la giusta dose di sarcasmo. Ma si devono rassegnare anche i patiti morbosetti del grottesco immaginario nazistoide, visto che di quella delirante ideologia in quest’opera non resta che un pallido simulacro, abilmente svuotato e messo alla berlina da un autore che non potrà certo essere tacciato di scomode o nostalgiche simpatie.

 

Il critico del Frankfurter Allgemeine Zeitung lo definisce “ideologicamente scandaloso” per tirargli la volata? Mente, o più prosaicamente non è abituato a maneggiare il politically uncorrect e ne fa oggetto di scandalo. Meglio glissare invece sul tizio del Leipzig Almanach (nientemeno!) che tira in ballo a sproposito i vari Quentin Tarantino, David Lynch e – poteva essere altrimenti vista la carne che sfrigola sul fuoco? – l’immancabile Houellebecq. Restando alle corrispondenze cinematografiche, più facile riconoscere echi del Visconti de “La Caduta degli Dei”, in una cornice dionisiaca e pimpante à la Russ Meyer, mentre è più che relativo l’eco dal postmodernismo da crepuscolo de “L’Arcobaleno della Gravità”.

 

Kunkel comincia senza clamori, con il controllo da manuale di una prima parte che è quanto mai ideale per introdurre un personaggio complesso come Fußmann, e insieme le ambiguità del ben più sfuggente Ferrie. L’andatura è piana e il bel mondo di una Berlino ora ignara e festante sull’orlo dell’abisso, ora ipocrita e disordinata dietro il rigore metodico della facciata d’apparato, è tratteggiato con misurata ferocia. A fare da contraltare farsesco, ecco peraltro le parentesi boccaccesche ma demenziali dei set a luci rosse nei boschi delle Alpi salisburghesi.

 

A inframmezzare una narrazione descrittiva che vede convergere i due protagonisti maschili, fino all’incontro quasi mistico con la “puttana angelicata”, pensano gli inserti epistolari di quella sorta di eminenza grigia che è il ginecologo Waldemar F. Pfister, socio occulto della Sachsenwald, maestro di una perversione di stampo scientista ed endorser della spregiudicata Lotte, in merito alle sconclusionate sceneggiature dei film. Della porzione di libro riservata al legame alquanto spinto tra Karl e la sua bella si è detto. L’impennata vera arriva però subito dopo, quando “Pornonazi” decisamente cambia passo. Con Fußmann in Libia i contorni si tingono di giallo e si sconfina in zona spy story con buona autorevolezza.

 

Ma il romanzo decolla e vola altissimo soprattutto quando racconta il disfacimento del Reich nella sfarfallante prospettiva dei decadenti Lotte e Holsten, persi nel loro mondo di stravizi e immoralità mentre tutto attorno crolla miseramente e la guerra è di fatto perduta. Il debole dell’autore per una ricostruzione storica certosina si esprime qui al meglio, senza silenziare la follia (auto)distruttrice del regime hitleriano ma senza tacere nemmeno le brutalità belliche delle truppe alleate, o quelle bestiali dei russi piombati su una Berlino allo stremo. Sono pagine crude, potenti, nerissime, eppure Kunkel trova il modo per regalare un ultimo sferzante ghigno tramite il cameraman della Sachsenwald. Non meno foschi e densi di inquietudini sono i capitoli riservati alla fuga dall’Africa di Karl e dell’amico Kornel, Doctor Magneto & The Quicksilver Kid, o al camaleontismo di un Ferrie rinato come principe degli opportunisti nel teatro postbellico. Inevitabilmente, considerato il tenore romantico e disperato di “Pornonazi”, il finale riserverà una buona fetta di miseria a tutti (o quasi) gli attori principali.

 

Peccato solo per quell’appendice di una trentina di pagine abbastanza insulsa, per come scelga di esplicitare un seguito che sarebbe stato ben più opportuno celare in un ininterrotto fuori campo. Un grande romanzo ad ogni conto, scritto magnificamente. E anche una storia d’amore (e morte) piacevolmente fuori dagli schemi.

8.5/10

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