proVISIONS

Ci sono dischi che ascoltati molto distrattamente possono sembrare inutili e noiosi. Forse qualunque disco, ascoltato una prima volta con molto poco interesse, potrebbe suonare come uno sbiadito e insignificante sottofondo. Il mio primo incontro coi Giant Sand ebbe esattamente premesse di questo tipo. Era ‘Hisser’, uno dei primi lavori solisti di Howe Gelb, nel 1998 mi pare. Recensioni, copertina, elogi: mi avevano stuzzicato e comprai l’album. L’avrò ascoltato sì e no tre volte, poi rinunciai. All’epoca non era quello il genere che faceva per me. Stavo uscendo pian piano dal vortice grunge che mi aveva assorbito in tutto il lustro precedente, cominciavo ad interessarmi a dischi e autori indipendenti ma con Gelb bruciai le tappe: non ero pronto evidentemente. Il passaggio successivo fu ‘Chore of Enchantment’. Partii in maniera assolutamente intimorita, un po’ frenato. Lo apprezzai ma meno di quanto lo apprezzo oggi. Provai a dare alla band di Tucson un’ulteriore chance quando uscì ‘Cover Magazine’, trovato in una biblioteca bellissima all’ex zoo qui a Torino, in riva al Po. Di tutti gli album che presi e duplicai quella volta, ‘Cover Magazine’ fu l’unico che bocciai subito. In fondo non era certo l’opera più indicata per farmi cambiare idea sul loro conto, un disco di cover in atmosfera alcolica e di scurissimo e sferragliante country-blues. Un aspetto parzialissimo della loro estetica, peraltro assai vicino a quello incontrato nel recente live allo Spazio. Li cancellai con risolutezza dalle cose a me gradite e con effetto immediato.

Curioso, perché riascoltato oggi ‘Cover Magazine’ mi piace tantissimo, con quelle rivisitazioni geniali di Neil Young, Nick Cave e Johnny Cash, l’arido medley in omaggio a Goldfrapp, una cover pazzesca di ‘Johnny Hit and Run Pauline’ degli X eseguita spalla a spalla con P.J.Harvey, o la formidabile ‘Blue Marble Girl’ suonata insieme ai Grandaddy. Un’opera di riscrittura e stravolgimento in chiave Giant Sand, più che altro, praticamente un genere a parte che meriterebbe un opportuno approfondimento. L’uscita di Convertino e Burns passò senza sfiorarmi. Stessa sorte per ‘Is All Over the Map’, il primo album di Gelb insieme alla nuova formazione tutta made in Denmark. Sarebbe passato presto al dimenticatoio anche ‘proVISIONS’, non fosse stato per il tour previsto in cartellone. La solità benedetta curiosità… Non ho convinto nessuno ma questo è uno dei migliori dischi usciti l’anno scorso, senzo dubbio. Duetti magici, strepitose velature di malinconia, sprazzi umorali, atmosfere noir, elettricità nervosa, polvere. Tutto materiale che i Giant Sand avevano in magazzino da sempre, ma amplificato in quantità e qualità. I brani migliori sono…beh, praticamente tutti, non ci sono punti deboli e anche i riempitivi hanno una funzione precisa nell’economia del disco. Ascoltatelo e siate pazienti perché vi ripagherà. Come sempre, un clic sulla cover per la relativa recensione.

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