Sea+Air @ Circolo Canottieri Esperia   21/11/2012  _Il nostro (altro) concerto

      

Fino a un mese fa nemmeno li conoscevo. Nonostante fossero in pista già da anni, l’occasione per incrociarli discograficamente si è concretizzata solo pochi mesi fa quando il loro album d’esordio, ‘My Heart’s Sick Chord’, ha finalmente visto la luce. Anche così, tuttavia, l’incontro si sarebbe risolto per me in un nulla di fatto, pur con l’importante distribuzione della Rough Trade. A far sì che le cose andassero diversamente ha pensato ancora una volta Roberto “Graficone” Balocco, ovvero colui che è stato in grado di organizzare sei concerti del Canadese Woodpigeon a Torino facendo in modo che risultassero l’uno diverso dall’altro e tutti meritevoli. Intercettato non si sa bene come questo bizzarro duo made in Europe (lei, Eleni, una ex ballerina greca; lui, Daniel, un fustacchione di crucco. Sposati) è stato abilissimo a mediare con l’agenzia che li stava portando in Italia per la seconda volta, in modo da piazzare una data in città con l’impegno di organizzarla al meglio. Ed al meglio, effettivamente, deve essere stata organizzata se i due protagonisti hanno poi ammesso che quello al Circolo Esperia è risultato in assoluto uno dei più bei concerti della loro carriera (non poco per una formazione che ha alle spalle più di 1200 spettacoli dal vivo). Ancora una volta il grosso merito di Balocco è stato quello di conferire una fisionomia ben precisa all’evento, lavorando quindi sull’opportunità di una venue assai più suggestiva dei classici pub e circoli ARCI in cui i Sea+Air si sono fin qui esibiti – tour in corso compreso – soprattutto in piccole o piccolissime località del centro-sud. Il salone sfarzoso e vista Po del club per canottieri che già aveva battezzato l’avventura torinese di Mark Hamilton si è rivelato una volta di più scelta assai azzeccata in termini di atmosfera. La preparazione dell’ideale palco con luminarie, lampade di modernariato e candele varie ha fatto il resto, visivamente parlando, pur penalizzando il cronista addetto ad immortalare la serata con la sua modesta macchina fotografica. Un adeguato battage promozionale ben infiorettato dal corredo grafico del clan Elyron (tra poster e cartoline disegnati apposta per l’occasione) ha fatto sì che la coppia di cantanti/polistrumentisti si trovasse al cospetto di oltre centocinquanta curiosissimi spettatori, me compreso. al resto, ovviamente, hanno pensato loro con quel miracoloso bagaglio di folk contaminato e chamber-pop che è la favolosa dote di cui sono capaci. Per vedere cosa suonino, e come, ci sono numerosi video tedeschi su Youtube che rendono loro giustizia ben più delle riprese amatoriali scarsine della serata torinese. In scena sono dei mezzi fenomeni, e – pur nella stranezza dell’accostamento – non stupisce che Whitney Houston se ne sia (non si sa bene come) innamorata e li abbia fortemente voluti per aprire diverse date del suo ultimo tour europeo, prima che analoghe richieste venissero, tra gli altri, da Sufjan Stevens, White Stripes, Woven Hand, Flaming Lips, Jose Gonzalez e Divine Comedy (questi ultimi forse i più azzeccati, musicalmente parlando). Due cuori intenti a spartirsi grancassa, tamburo, campane, chitarra classica ed elettrica, basso, synth e clavicembalo, soprattutto il clavicembalo, quell’harpsichord il cui nome storpiato ha dato forma al titolo del loro unico disco. Un lavoro che per il sottoscritto si è rivelato un piacevole diversivo in fatto di sonorità e melodia, anche se armeggiati in maniera ancora un po’ scolastica sul piano della produzione. Ad intuito ho colto abbastanza facilmente però che Eleni e Daniel sarebbero stati in grado di dare dal vivo ben altro respiro alle loro canzoni garbate ma calligrafiche. Così è stato e così è sempre, a quanto pare, nelle loro esibizioni. Il folk ordinato e cameristico tende infatti a gonfiarsi e prendere direzioni imprevedibili, come quando una parca elettronica va ad ibridarne il costrutto o derive punkeggianti (quando non marcatamente poppeggianti) spingono la loro verve circense ben oltre le righe del canonico bozzetto easy listening. Una band di due soli elementi, genuini e contagiosi, che letteralmente rapisce lo spettatore traghettandolo verso lidi sorprendenti. Merito anche di quelle due loro voci incantevoli, soprattutto quella della ragazza. Una cantante terrorizzata dai viaggi in aereo almeno quanto il consorte da quelli per mare: da qui la ragione sociale, confezionata come ad esorcizzare paure recondite ed insieme a ricordare nei suoni il modo tedesco per dire “lei e lui’, appunto Sie ed Er. Nella sera dell’Esperia tutti i pezzi migliori del disco e non (‘You Don’t Care about Me’, ‘Take Me For a Ride’ e ‘You Are’  in scioltezza sugli scudi, ma anche i singoli più faciloni ‘Do Animals Cry?’ e ‘The Heart of the Rainbow’), come da scaletta di un Tour che sarà in Italia ancora tutta questa settimana. Se ve li foste persi e vi andasse di rimediare, nessun problema: torneranno in primavera, l’hanno promesso. In fondo amano le cose belle ed hanno imparato che per noi è lo stesso.

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