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Il mio pezzo dello scorso aprile su Monthlymusic.it è stato qualcosa più che una semplice recensione. E' valso come riabilitazione ufficiale nei confronti di un intero ambito musicale, il garage. Confessione doverosa e per nulla dolorosa, arrivata tardivamente ma espressa con la massima sincerità possibile. E con scanzonatura anche, come il genere di riferimento sembrerebbe richiedere quasi per necessità mimetica o aderenza semantica. A ripensarci, meno la musica che si analizza è intellettualistica o gravata da odiose sovrastrutture è più divertente è scriverne. It's automatic! Volendo fare un altro esempio relativo a questa mia impressione potrei citare il disco più affine al sophomore solista griffato Mark Sultan, ovvero il più recente passaggio dello stesso Sultan in abbinamento al suo sgraziatissimo sodale abituale, King Khan (pezzo di cui si è già scritto anche qui). Come nell'esibizione dal vivo a Spazio di inizio 2010 (quando mi sarò occupato delle relative foto, ne scriverò) il divertimento si è rivelato incluso nel prezzo. Come per 'Invisible Girl', non meno revivalista di questo '$', viaggiare a ruota libera sul filo delle associazioni mi ha portato a evidenziare improbabili quanto gustose affinità cinematografiche: se un richiamo al più tossico dei film di Terry Gilliam ('Tideland') si era insinuato tra le righe di quel pezzo a livello prettamente simbolico, la citazione di due classici del cinema dei reietti come 'Bride of the Monster' e 'Plan 9 From Outer Space', entrambi opera di quel sublime maestro dei B movie che fu Edward D. Wood Jr, è stata quanto mai scoperta e consapevole. Il garage passatista screziato psychobilly come quello di Sultan non può che suscitare simpatia come certe muffite pellicole di horror o fantascienza, così naif da lasciare nel cultore smaliziato di oggi un senso di tenera inadeguatezza al cinismo imperante. Arte povera e scalcagnata partorita per amore, non per calcolo. Ecco perché tutto ciò che nasce dalla fantasia pur scoppiata e derivativa di Mark Sultan oggi entra agevolmente nelle mie corde. E' solo una delle tante ragioni (aggiungerei comunque la fattura pregevole dei suoi bozzetti, l'energia grezza, un intuito da filologo e l'indifferenza alle mode, tutti parametri indispensabili per aggraziarsi il gusto del sottoscritto), forse la più importante. Detestavo il garage, da bravo ignorante in materia. Oggi non posso che riconoscere che mi somiglia dannatamente. 

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