La coppia libera del rock      _parte seconda

 

22 Maggio 2010, periferia nord-est di Bologna, zona San Donnino. Il momento dell'intervista è arrivato e sarà forse il più autentico della giornata dedicata ai Quasi, escludendo le emozioni ben diverse vissute al concerto qualche ora dopo. Certo si fa presto a dire "è arrivato". Dopo aver pascolato impazienti per oltre mezzora, nei giardinetti fuori dal Covo, finalmente avvistiamo il pullmino della band. Già discreto il ritardo, ma ci tocca aspettare ancora che i poveri musicisti abbiano spostato tutti gli strumenti nel locale, sù per la ripida scala di servizio. Un Sam traballante, una Joanna elegante e la solita Janet di granito, alle prese coi cassoni più gravosi. Il tutto sotto gli occhi indifferenti di qualche anziano in libera uscita dalla vicina bocciofila, mentre nel cortile interno i bambini scorrazzano o strapazzano al karaoke le canzoni di vecchi cartoni animati: senza dubbio i minuti più tristi dell'intera trasferta, fermi nel prato come betè a veder faticare i tre poveracci senza muovere un'unghia. In fondo è soltanto l'ennesima testimonianza di quanto sia dura la vita dei tanti rocker non ammessi in paradiso. A noi può far effetto ma loro, abituati da più di vent'anni alle scomodità degli artisti randagi, non sembrano patirne più di tanto. Dopo esserci segnalati a quello che dovrebbe essere il tour manager (nonché autista), con il vivo timore di dar fastidio, ci viene detto che hanno incontrato molto traffico da Monaco di Baviera (è sabato, fa caldo, la Romagna è vicina e di tedeschi ne abbiamo trovati tanti anche noi da Torino) e prima dell'intervista devono fare il soundcheck. Un'altra ora, ci sta. Dopo una bella passeggiata in un parco della zona, ci ripresentiamo all'orario stabilito ma il suddetto soundcheck non è ancora iniziato. Il gruppo, comprensibilmente, si è riposato e sgranchito un po' le gambe. Solo dopo un'altra oretta buona ci chiamano dicendo che è OK, possiamo finalmente entrare. La sala destinata all'incontro è un ambiente angusto, una stanzetta microscopica in cui riusciamo a malapena a entrare io e Lorenzo. Le nostre ragazze devono smorzare la curiosità e accettare il loro ruolo di semplici accompagnatrici. Ci siamo. Confesso che è davvero una grande emozione trovarmi al cospetto di quelli che per me sono autentici idoli, per quanto assai provati da quello spostamento troppo lungo. Loro appaiono come li ho sempre immaginati: Janet tosta, decisa ma anche molto dolce, ironica; Joanna in disparte, per quanto possibile in un posto del genere, con indosso il broncio della persona distante; Sam invece è Sam, sbiellato per davvero, con quell'aria arruffata ma divertente tipica degli individui simpatici, intelligenti, creativi ed imprevedibili. L'aspetto più bello di tutta la situazione è la genuinità degli ex-coniugi, non filtrata in pose, del tutto spontanea. Anche dalle loro risposte emerge come la stima reciproca, nient'affatto simulata, sia il vero ingrediente forte di connubio artistico imbattibile come il loro, insieme a quella "robustezza mentale" di cui parla lui. Mi piace come le mie domande vengono accolte, mi piace cogliere le argomentazioni nelle loro repliche ed apprezzo il modo in cui Bandit conduce l'intervista, puntuale e non passivo (io che non sono certo una furia come carattere né con l'inglese non ne sarei mai stato capace). Sicuri di aver fatto un buon lavoro nella preparazione, con interrogativi ad ampio raggio su passato, presente e futuro senza tralasciare una componente pià ludica ed interattiva, veniamo ripagati da alcuni spunti (di Sam come di Janet) tutt'altro che banali, specie a proposito di cosa significhi essere una giovane rockband oggi rispetto ad un paio di decenni fa e su come anche le aspettative del pubblico siano state rivoluzionate dall'impazzare del web. Le parole sono importanti – ci viene detto – ma è l'emozione di suonare, di sudare, di fare casino ad avere sempre e comunque il sopravvento. E' così che deve andare. Solo mezzoretta a disposizione ma l'intervista riesce bella, spontanea, stimolante. Alla fine anche Joanna si scioglie un po' e trasmette il piacere di far parte di una squadra ancora così pura. Cosa resta qualche mese più tardi? La gioia dell'incontro, di un sorriso, una stretta di mano. "No more empire!" e "Rock'n'roll can never die, yeah!". I complimenti non ruffiani di Sam per le mie domande, a fine concerto. Il suo bracciale col teschio, sintesi mirabile di tanti suoi vezzi e del suo entusiasmo così naif, abbondantemente fuori catalogo. Spero non debbano trascorrere altri dodici anni per poterli incontrare e veder suonare di nuovo. Magari anche solo in un bar un giovedì sera, a patto sia sempre per divertirsi. E a patto che a vederli ci siano più dei quaranta spettatori mal contati di quella sera al Covo Club, davvero troppo pochi per il primo ed unico concerto italiano in più di un decennio. Questa gente merita molto, molto di più.

 

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