The Brutalist Bricks

 

E' invecchiato bene questo più recente lavoro a marchio Ted Leo & The Pharmacists, un po' come i suoi predecessori. Innegabile che sia proprio la matrice power-pop nello stile di questo instancabile quarantenne americano a nascere con i crismi di una musica in fondo adatta a questi tempi, come agli anni zero o ai novanta. Nella recensione mi sono divertito ad enfatizzare questo suo carattere di college rock un tantino fuori tempo massimo, ma sarebbe ingiusto liquidare dischi comunque preziosi come 'The Brutalist Bricks' sostenendo che partano con l'handicap di un debito invalidante verso il pop-rock di quindici anni fa. Lo ribadisco ora con la convinzione che di album così, leggeri ma mai banali, c'é sempre più dannatamente bisogno, in un periodo di ristagno generalizzato e in una scena asfittica dove tutti sembrano fare a gara per stabilire chi si prenda più sul serio. E poi c'é l'anno di stagionatura a confortarmi in questa sensazione: ascoltate oggi queste canzoni suonano fresche come la prima volta, alla stessa maniera di quelle di 'Hearts of Oak' o 'The Tyranny of Distance' – tanto per citare due tra i suoi lavori più riusciti – a riprova che la qualità compositiva e l'immediatezza del songwriting di Leo non hanno mai subito cali veri e propri. Uno dei pregi di questo artista è proprio l'affidabilità della sua proposta: mai davvero trascendentale ma sempre gradevolissima, facilmente riconoscibile all'interno dei propri standard e refrattaria all'accomodamento borghese. Mai veramente "apocalittico" Ted Leo, di certo lontano da ogni "tentazione integrativa", per dirla con Umberto Eco. Nel descrivere la sua eclettica propensione da giostraio del pop poco incline alle mode del momento mi sono sbilanciato promuovendo l'accostamento con un altro autore "sopra media" del sottobosco alternativo statunitense, quel Ben Folds che non ha mai smesso di esplorare territori simili servendosi del pianoforte invece che della chitarra. Proprio come Ben anche Ted riesce miracolosamente bene come creatore di easy listening adrenalinico, di soft-rock invero alquanto lenitivo. Come cura contro la banalità musicale funziona discretamente anche senza promettere il paradiso. Con me è servito. Nei giorni in cui ho scritto la recensione si era già manifestata una tosse odiosa poi rivelatasi pleurite. Un fastidio mica da ridere. Inutile dire che dischi come questo mi hanno aiutato a trascorrere il tempo, nella scomoda prigione domestica, molto più piacevolmente.

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