Wrought Iron

 

Decisamente interessante ma non per tutti i gusti questo album di Nancy Elizabeth Cunliff, raccontato in una delle mie ultime recensioni per Indie-rock.it anche se uscito ormai quasi un anno e mezzo fa. Astenersi irriducibili perditempo ed amanti irrequieti del rock più pestone. Questo sophomore della cantante di Wigan richiede orecchie sensibili e soprattutto pazienti, di quelle che non si sentano irrimediabilmente perdute al cospetto del silenzio, riuscendo invece ad apprezzarne la qualità purificante in contesti sonori idonei come appunto il folk minimal di produzione inglese. In un certo senso un'opera così parca, così elegantemente sobria, così attenta a far risaltare il dettaglio proprio in un elaborato ma sottilissimo gioco di contrasti, di "vuoti e pieni" come ho scritto, di arrangiamenti creati quasi "in sottrazione", questo particolare gusto – dicevo – si è rivelato una bella scoperta, andando a ritagliarsi dal primo momento una comoda nicchia solitaria per i miei ascolti più quieti, per colmare il desiderio di radicale economia sonora sposata alla qualità del tocco (scandinavo più che inglese, ma a ben vedere nell'albero genealogico della Cunliffe compaiono avi non lontani nati e vissuti nelle isole Fær Øer, proprio come Teitur). Scritto e registrato in posti remoti come la campagna dell'Aragona, le già citate Fær Øer ed il nord del Galles, questo 'Wrought Iron' ("Ferro battuto", titolo coerente ed evocativo: forza, semplicità ed eleganza insieme) è il classico album da scoprire, di quelli che si svelano poco alla volta come elogi del particolare. Riflette eccome le grandi potenzialità della quiete e del rigore in cui è nato, ma al tempo stesso può regalare all'ascoltatore più attento (e meglio disposto) anche un'impensabile varietà di soluzioni. Nancy Elizabeth fa oggi parte di quel gruppo di musicisti che accompagna James Yorkston, uno dei migliori autori folk degli ultimi anni, in studio come dal vivo. Lei stessa si sta affermando con sempre maggior autorevolezza in una scena ricca e particolarmente viva come quella inglese, e con questa seconda fatica ha anche saputo ampliare il proprio spettro di ricerca andando a contaminare il folk della tradizione con un minimalismo "da camera" che evidentemente era nelle sue corde. Ad uno stand di dischi durante lo Spaziale Fest dello scorso anno ho trovato ed acquistato per la cifra ridicola di un euro (1!) il CD del suo primo lavoro, 'Battle and Victory', positivamente accolto dalla critica, più vivace e ricco ma forse anche un po' meno personale di questo secondo LP. Disco etereo e prezioso 'Wrought Iron', spoglio ed accogliente insieme: rischiava di rimanere un mondo a parte nella mia raccolta di dischi, poi un'anima pia mi ha consigliato di ascoltare 'The Woody Nightshade' della connazionale Sharron Kraus e ho realizzato che anche in questo campo era possibile fare di meglio. Senza nulla togliere con questo a Nancy Elizabeth ed al suo pregevolissimo secondo album, una raccolta di canzoni che, anzi, nei miei giorni no può anche vincere il confronto diretto: il fascino oscuro della Kraus nulla può quando è di assoluta leggerezza folk che vado in cerca, magari per addormentarmi e sognare.

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