False Priest

         

C’é stato un periodo lungo nel mio recente passato durante il quale ho amato abbastanza intensamente Kevin Barnes e gli Of Montreal. Quella fase si è conclusa, e non certo perché siano nel frattempo cambiati i miei gusti (cosa pure vera ma nello specifico non determinante). E’ la band di Athens ad aver definito una sterzata tutto sommato radicale, e coraggiosa, rimescolando quindi le carte ed influenzando di conseguenza le mie opinioni. Dopo l’ottimo ‘Hissing Fauna’, già un lavoro di svolta tra gli eredi dei loro migliori titoli (dal beatlesiano ‘Cherry Peel’ a ‘The Gay Parade’ e ‘Satanic Panic in the Attic’), con il pasticciatissimo ‘Skeletal Lamping’ li ho persi. Avevo ipotizzato si trattasse semplicemente di una boiata passeggera, della classica buccia di banana, e in tal senso ‘False Priest’ ha rappresentato la speranza di una rinnovata infatuazione. Speranza vana però, nonostante molte premesse fossero lusinghiere. Intanto per il ritorno in scena delle chitarre, cooptate senza troppe complicazioni virtuosistiche in un quadro power-pop assai marcato e dalla curiosa vena modernista. La partenza del disco è apprezzabile e tutto sommato contagiosa, merito anche della presenza magnetica di un ospite straordinario come Janelle Monáe. Certo ci sono gli eccessi, le ibridazioni sfrontate, il doping di saccarosio e la consueta guazza kitsch di un autore per forza di cose fuori dal comune. Il lato B tradisce però anche quanto di buono suggerito in precedenza, lasciando Barnes libero di accatastare i suoi paradossi dance-glam senza più alcun criterio, frastornando l’ascoltatore con un mix di fracassi, barocchismi senz’arte né parte e melassa pop sintetica davvero indigesto. Non ci si salva. Ci si rattrista semmai, perché la band è chiaramente arrivata al capolinea delle idee e nuota beata in una maniera che non si potrebbe immaginare più scadente. Da poco è uscito un nuovo EP intitolato ‘The Controller Sphere’ che in parte sembrerebbe in grado di invertire il corso di questa rovinosa involuzione. Non abbastanza per farmi cambiare opinione un’altra volta. Un segno dei tempi? Domani il carrozzone variopinto di Barnes e soci farà tappa a Milano. So che dal vivo rendono molto e non posso nascondere che in passato stavano nelle posizioni di vertice della mia wishlist per i live ancora non visti. Ma la mia passione per loro è sbiadita. Nelle stesse ore sarò al cortile della Farmacia per i Sic Alps o alla Sala Espace per i deliri siriani di Omar Souleyman, il nuovo cocco di Bjork. E tanti saluti.

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