Heavy Trash @ Spazio211

20-01-2010

 

Nella conclusione del report dedicato al live di inizio anno degli Heavy Trash provavo ad abbozzare con tono scherzoso (ma serietà di fondo) quella che potrebbe essere una valida scommessa per chiunque abbia un minimo di dimestichezza con il signor Jon Spencer e le sue mirabolanti imprese da operaio del rock indipendente. In anni di reunion sempre più inflazionate e sempre meno necessarie – mi chiedevo – dovrà trascorrere ancora molto tempo prima di ritrovare su un palco i vecchi progetti dimenticati dal leader maximo (ed intestatario unico) della Blues Explosion? In fin dei conti con lui non è mai neanche troppo corretto parlare di scioglimento, visto che il termine congelamento rende sicuramente con maggior fedeltà l’idea di iato nelle produzioni delle sue numerose band. Con i Boss Hog almeno è proprio così che è andata: quasi dieci anni di oblio in fondo al freezer dei propri stimoli, quindi l’improvvisa riscoperta con un tour robusto in giro per il mondo ed un gruppo tale e quale a quello che era stato riposto nel domopak, con buona pace dei tanti che prefiguravano un fiasco ostinandosi a liquidare quella formazione come il personale capriccio della signora Spencer. Proprio la buona riuscita di quel tardivo rilancio mi ha spinto ad azzardare la spontanea provocazione relativa ai Pussy Galore, agli Honeymoon Killers e ad un loro non così improbabile ritorno, nonostante gli anni che ci separano dalle prove meno remote siano una ventina in entrambi i casi. Potrebbe sembrare assurda anche solo l’idea ma quando si parla di Jon Spencer non si può mai mettere la mano nemmeno sulla fiammella di un cerino. Chi l’avrebbe detto che i Boss Hog sarebbero tornati in pista in così buona forma? E chi avrebbe potuto immaginare che Jon avrebbe parcheggiato così a lungo la sua creatura più nota, quella che porta il suo stesso nome, sfornando nel frattempo addirittura tre dischi con il side project revivalista intitolato Heavy Trash? Forse non ci avete fatto caso ma ‘Damage’, ultimo album della JSBX, è vecchio di sei anni e sei anni nel mondo della musica alternativa equivalgono ad un paio di ere geologiche terrestri. Non che questo rappresenti un problema in realtà: di tour il Nostro continua a farne in continuazione, anche con la sua band principale, ed è per tale motivo che diventa lecito aspettarsi una grossa sorpresa per i prossimi anni. Con la moglie ha già ripreso a dividere il palco, convincere anche gli altri potrebbe essere meno complicato del previsto: lasciati in soffitta i Royal Trux e messa da parte la folle collaborazione con Ian Svenonius nei Weird War, Neil Hagerty prosegue per conto suo sotto le spoglie di Howling Hex, abbastanza dimenticato, per cui è plausibile che tornare da protagonista nelle news di Pitchfork e di mille altri webmagazine non gli faccia proprio schifo. Con Julia Cafritz potrebbe essere meno agevole ma è anche vero che l’aver levato dalla naftalina se stessa e le Free Kitten potrebbe aver rappresentato per lei il migliore degli incoraggiamenti. Per il resto un batterista alla buona lo si trova come si vuole, per cui rilancio con fare spavaldo la validità di quella stramba scommessa rimandandovi, qualora vi andasse di leggere il report cui questo spazio era in teoria dedicato, al pezzo stesso (potete accedervi passando dalla seconda foto in alto, come sempre). Due parole in proposito le spendo comunque volentieri, e sono di elogio schietto nei confronti di Jon: una star vera che indossa con umiltà genuina i panni dell’onesto musicista e, perché no, dell’antidivo. Senza il minimo dubbio Spencer è uno che ama profondamente il proprio mestiere, vivendolo come una vocazione da gestire senza risparmiarsi, con assoluta passione. L’ho seguito dal vivo con la Blues Explosion, con i Boss Hog ed appunto nella parentesi garage-rockabilly degli Heavy Trash (condivisa – bisogna riconoscerlo – con una spalla eccellente come Matt Verta-Ray): bene, questa impressione è stata il vero comune denominatore di tre esperienze live altrimenti assai diverse tra loro ed è proprio questo dettaglio cruciale a convincermi che ogni suo concerto resta in fondo imperdibile, pure quelli apparentemente di più dubbio interesse o meno in sintonia con i tempi e le mode. Anche per questo, forse, non vedo l’ora che Jon tiri fuori l’ennesima band defunta dal polveroso sepolcro degli anni e la porti un po’ con sé a spasso per il mondo.
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