Joan As Policewoman @ Gruvillage 20/07/2011  _ Il nostro (altro) concerto

    

Joan Wasser è un’artista speciale. Non semplicemente una delle cantanti e musiciste più brave in circolazione ma anche una delle poche capaci di arrivare al cuore di chi ascolta con grande personalità, lasciando l’impressione di una presenza genuina, di sincerità, oltre che di accesa passione. E’ sempre stata un peperino, una ragazza di carattere, ma rispetto ai primi due album – quelli in cui appariva come una rocker sensibile e vecchio stile – oggi sembra profondamente maturata, cresciuta ed in un certo senso sgravata da quel pesante velo di sofferenza che rendeva comunque speciali le migliori canzoni di ‘Real Life’, tanto per citare il folgorante esordio discografico. L’ho seguita sin dall’inizio, anche perché avevo letto di lei quando ancora era nota unicamente come (ultima) fiamma di Jeff Buckley, chissà quanti anni fa. L’ho intercettata un po’ casualmente negli anni ’90, prima come violinista nel superbo progetto Those Bastard Souls di Dave Shouse (in cui suonava anche il chitarrista di Buckley, Michael Tighe), quindi in misconosciute band di quegli anni (Dambuilders, Mind Science of Mind) e infine accanto a due giganti come Antony Hegarty e Rufus Wainwright, ispiratori e maestri per l’autrice che stava nascendo dentro di lei. Soltanto allora è partita l’avventura di Joan as Policewoman, accolta subito con entusiasmo dalla critica ma forse non allo stesso modo dal pubblico. Certo l’episodio di cui sono stato testimone nel luglio del 2006, quando Joan apri il megaconcerto gratuito degli Strokes qui al Parco della Pellerina, può essere stato fuorviante  visto che il pubblico becero accorso per incitare il gruppo newyorkese non era certo in vena di spleen intimista. Fu trattata malissimo nonostante un set intenso e toccante. Quasi inevitabile forse, ed io mi ritrovai a provare una pena profonda per lei (ed anche un po’ di vergogna, visto che ero alla Pellerina quasi esclusivamente per la band di Julian Casablancas). Pensavo che difficilmente la si sarebbe ancora vista e sentita, invece due anni dopo è uscito ‘To Survive’, sopravvivere, altra eloquente testimonianza della sua tempra e del suo coraggio.

Il concerto all’Hiroshima alla fine di quello stesso anno è stato strepitoso (spero di scriverne prima o poi), ed è stato allora che ho avuto la netta percezione dello spessore e del talento di questa ragazza. Qualche mese fa si è presentata l’occasione per un nuovo incontro e le aspettative non sono andate deluse. Il piglio è sempre quello e a livello stilistico la “poliziotta” ha ampliato decisamente i propri orizzonti guardando al soul ed al pop raffinato in maniera credibile ed ancora una volta personalissima. Erano soltanto in tre sul palco del Gruvillage alle Gru di Grugliasco, compreso un giovanotto mai visto prima che ha scandito i ritmi con il synth senza inquinare la magia della musica di Joan, anzi, arricchendola di una patina quasi retrofuturista ma non pacchiana. Alla batteria poi c’era l’immancabile sodale Parker Kindred, una garanzia. Ancora una volta una bella prova, calda e sensuale, per quanto si sia rimaterializzato lo spettro di un’assurda gerarchia alla rovescia con la band ad aprire in tempi strettissimi per lo show degli Ok Go, davanti ad un pubblico di adolescenti scalpitanti. Non è andata male come cinque anni prima: la Wasser ha saputo farsi apprezzare da spettatori non suoi (lì per lei eravamo davvero pochissimi) e gli applausi non sono mancati. Canzoni dal recente ‘The Deep Field’ in prevalenza (‘The Action Man’, ‘Chemmie’ e ‘The Magic’ le migliori) ma anche qualche occasionale tuffo nel passato come con ‘Save Me’. Alla fine grande soddisfazione prima della demenzialità imperante degli headliner, nonostante la scaletta ridotta. E’ stata sufficiente la certezza che Joan è in crescita costante e che ne vedremo ancora delle belle in futuro, sperando che siano poi altri ad aprire per lei e non viceversa.

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