Broadcast

Oh, let me sail away…

Non posso non spendere qualche parola per Trish Keenan, che se n’è andata per sempre questa mattina, ancora molto giovane. Notizia assolutamente inattesa, veramente triste. Era ricoverata in ospedale da due settimane, per via di una polmonite giunta in concomitanza con il famigerato virus H1N1, contratto nel dicembre scorso durante il tour australiano della sua band. Per ironia del destino, della sua morte parleranno forse più i telegiornali generalisti inglesi che non le riviste specializzate: i Broadcast non hanno mai raggiunto il successo planetario, le copertine patinate, l’heavy rotation sui circuiti radio televisivi, pur avendo potuto vantare sia le canzoni che un’interprete dalle qualità straordinarie. Ad essere sinceri anche in ambito indipendente c’era chi si ostinava a considerarli dei doppioni poco interessanti degli Stereolab, proprio perché lanciati in casa Duophonic da Gane e dalla Sadier, per i mai celati debiti nei confronti dello storico gruppo anglo-francese nonché per l’aver condiviso con loro un paio di produttori ed il manager. Avevano comunque uno stile del tutto personale, inventiva sufficiente a farli camminare a lungo sulle proprie gambe. Almeno, così avrebbe dovuto essere. La firma con la mitica Warp, un esordio subito clamoroso, un sophomore effort ancora più convincente e poi altri passi riusciti, anche in direzioni nuove. Dopo un lungo silenzio erano tornati a fine 2009 con un progetto più marcatamente sperimentale, portato in giro per il mondo durante l’anno appena trascorso. Li avevo incrociati a marzo, in un concerto alquanto deludente perché troppo estremo e troppo poco broadcastiano. Ne avevo parlato di recente su queste pagine ed ora riposto il link alle foto di quella sera dall’ultima immagine in basso, sempre del live torinese alla Sala Espace. Le promesse per un ritorno anche discografico ben diverso c’erano comunque tutte ed è proprio il senso di inevitabile incompiutezza lasciato dalla morte di Trish a far male, oltre naturalmente al dolore per la sua esistenza spezzata troppo presto. Avrei voluto comprare dischi che non potranno mai pubblicare, avrei voluto rivederli dal vivo in un’esibizione finalmente all’altezza delle loro qualità. Invece i Broadcast sono finiti oggi. Non ne parleranno le televisioni per qualche speciale arrivato con colpevole ritardo, ma è quasi certo che il nome della Keenan farà capolino nei salotti degli inglesi come elemento curioso con cui infiocchettare il bollettino giornaliero di statistiche sull’influenza A, micidiale in Inghilterra nelle ultime settimane. Avevo riso quando Jens Lekman, dopo aver contratto quasi per primo il virus, lo sconfisse agilmente con un paio di settimane di riposo a casa. Se gli artisti che amiamo sono invulnerabili, forse lo siamo anche noi. Forse. Da brividi stasera ritrovare i non pochi presagi di morte incastonati nelle canzoni dei Broadcast, sempre trasfigurati, come nella meravigliosa ‘Ominous Cloud’: “Oh, devo andare via da questa città, non voglio dover guardare quelle nubi minacciose / Oh, non ora, non ora, non ora / Devo trovare un posto, essere me stessa ed imparare ad affrontare le nubi minacciose / Ma non ora, non ora, non ora”. Non ora, davvero, troppo presto per andarsene.  Buon viaggio Trish. 

   

Qualche nota sui tre LP dei Broadcast, escludendo le due raccolte di rarità, Ep e mini ed il recente lavoro con Focus Group. The Noise Made By People’ è un esordio anche piacevolmente scuro. Si impone come mistura brillante di elettronica dark ed atmosfere dream pop, con più di una concessione ai sixties meno stereotipati oltre alla già significativa cura per quel vintage sonoro di chiara deriva Stereolab. Preziose le sue inquietudini, intrigante l’insistere sui contrasti tra luci ed ombre, tra l’ariosità vocale di Trish ed i continui spifferi di un sound sempre in fermento. La cifra stilistica descrive una musica a più dimensioni, attenta alla melodia ma con costante ricorso alle dissonanze, alle sporcature sintetiche, alle sottili increspature psichedeliche. Brani consigliati: ‘Come On, Let’s Go’, ‘You can Fall’, ‘Until Then’, ‘Look Outside’. Con ‘Haha Sound’ il gruppo di Birmingham realizza il proprio lavoro più luminoso ed arrembante. Se i debiti nei confronti degli Stereolab sono sempre evidenti nella vena retro futurista e nelle cavalcate fantasiose, la band ci mette molto di suo perfezionando le proprie inconfondibili tonalità malinconiche, sfoderando scintillanti capacità di affabulazione, impasti dal retrogusto onirico ed una Keenan in vero stato di grazia. Brani consigliati: ‘Pendulum’, ‘Before We Begin’, ‘Lunch Hour Pops’, ‘Ominous Cloud’. Uscito nel 2005, Tender Buttons’ è destinato a rimanere il capitolo conclusivo dell’avventura Broadcast, con il suo bagaglio di intuizioni e promesse che non troveranno mai concreti sviluppi futuri. L’elettropop catchy si svincola pian piano dai vecchi registri, si fa più smaliziato ed adulto, senza rinunciare alle delicatezze retrò ma puntando comunque più deciso nella direzione di un’elettronica intelligente e piacevolmente noisy e di una scrittura più minimale ma non meno brillante. Brani consigliati: ‘I Found the F’, ‘Tears in the Typing Pool’, ‘America’s Boy’, ‘Black Cat’.

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Broadcast @ Sala Espace

13-03-2010

 

Con la band di Trish Keenan finalmente dal vivo in Italia e forte di un più che discreto bagaglio discografico, per giunta in un luogo capiente ed ideale come la Sala Espace, le premesse per uno spettacolo soddisfacente c’erano tutte. Non era male il (pur frammentario) lavoro sperimentale realizzato l’anno passato con l’amico Julian House sotto le spoglie di Focus Group, anche se, con un fantastico repertorio di canzoni da parte, era più che lecito sperare in un recupero corposo dalla loro personale miniera di gemme pop del calibro di ‘Come on, Let’s Go’ o ‘Before We Begin’ (tanto per citarne due tra le tante). Il fatto che alla più logica delle soluzioni corrispondesse una reale attuazione di massima, con suddivisione del live in due momenti distinti – uno in teoria più ostico ed elettronico, uno più canonico e orientato al passato – pareva orientare la serata verso il coronamento dei sogni della vigilia. A stonare è stata però l’esecuzione, intesa sia come resa sonora che come partecipazione emotiva da parte della Keenan e di Cargill. In entrambi gli ambiti è tutto sommato innegabile che nulla ha funzionato come avrebbe dovuto o quanto meno potuto. Il suono proposto dai Broadcast è stato marziale, caotico, scuro e totalizzante, l’esatto contrario della spensieratezza (anche in salsa elettronica) o dell’inquieto fascino presenti in abbondanza nei dischi del duo di Birmingham. La band inglese ha poi colpito negativamente proprio per il poco calore dimostrato, sia sul piano di una comunicatività praticamente ridotta a zero che per la scelta di brani tra i più algidi e meno coinvolgenti di tutta la propria discografia. A rendere completo e irrevocabile il giudizio negativo, mio e di tutti gli altri spettatori nella buia sala di via Mantova, non solo l’aver dedicato venti minuti abbondanti agli indigesti sperimentalismi multimediali che hanno aperto il live, in una fosca gara di synth nerissimi che non hanno fatto altro che demolire le già scarne melodie di ‘Investigate Witch Cults Of The Radio Age’, ma anche la scelta pessima di non cambiare registro nella seconda parte e di limitare quest’ultima ad una mezzoretta del tutto insufficiente, viste le attese. La voce di Trish, penalizzata al massimo, è stata il grande assente della serata, assieme alle canzoni e all’atmosfera, al colore. Ci siamo illusi di poterci ricredere verso la fine, quando scampoli di luce hanno iniziato a filtrare nell’aria viziata dell’Espace. E’ stata un’illusione, appunto, la Keenan ci ha gelati salutando dopo nemmeno un’ora dall’inizio. Non può stupire, allora, come a tre quarti della stagione l’indegna prova torinese dei Broadcast resista in cima alla classifica dei più brutti concerti visti quest’anno. Forse non solo quest’anno.

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