A Place To Bury Strangers @ Spaziale Fest
24-07-2010

 

Ecco un altro di quei concerti di cui posto una recensione scritta da altri, in questo caso quella divertentissima dell'amico Paolo 'Hagazussa' Coccettini relativa al live milanese degli A Place To Bury Strangers, identico in tutto e per tutto a quello di due giorni dopo sul palco dello Spaziale Festival 2010. Cosa aggiungere a quanto già scritto dal "collega"? Da parte mia sostanzialmente niente altro. Già esaustiva e colorata la sua cronaca, per cui mi limiterò a qualche spunto. Un'esibizione questa dei maestri siderurghi newyorkesi interessante più che altro per la resa sonora estrema, in un contesto noise particolarmente acido ed esasperato, festa di riverberi che i più potrebbero considerare atroci ma che non ha lasciato danni significativi al mio udito neanche nel breve periodo (se il tutto si fosse svolto al chiuso, in un piccolo club, temo che l'esito non sarebbe stato altrettanto benevolo, vabbé). Ecco quindi che, se dal punto di vista squisitamente musicale sarebbe anche possibile avanzare delle riserve su spettacoli di questo tipo, a livello formale lo show degli A Place To Bury Strangers è risultato sì ostico ma anche alquanto godibile, nella sua furibonda e sfontata naturalezza post-rock. Avessi dovuto scriverne io il report avrei incontrato più di una difficoltà nella ricostruzione della relativa scaletta: non che non mi fossi preparato a riguardo, anzi, lo faccio sempre e questa circostanza non ha fatto eccezione. Solo che è stata veramente impresa ardua riconoscere le canzoni in quella guazza rumorosa e schizzatissima, motoristica verrebbe da dire. Mi hanno aiutato persin di più le parti ritmiche che non la chitarra del buon Oliver Ackermann, indubbiamente il cuore spettacolare e carismatico di una band comunque democratica anche da questo punto di vista. Solo così sono riuscito a identificare titoli quali 'In Your Heart', 'To Fix The Gash in Your Head' e soprattutto l'apocalittica 'I Lived My Life To Stand in the Shadow of Your Heart' che ha chiuso la serata nel modo più devastante possibile, tra rantoli di chitarra ed ampli al collasso. Non proprio quello che definirei il mio genere preferito, ma comunque una discreta goduria in termini di fracasso e disimpegno: ogni tanto eventi del genere ci vogliono. Piacevole tra le altre cose anche far foto al gruppo illuminato ad intermittenza da fari stroboscopici pazzeschi: non mi era ancora capitata una cosa del genere ma devo ammettere che per uno come me che non usa mai il flash è stata un'agevolazione preziosa o un gradito inconveniente, ché suona pure meglio. Profili ben stagliati, ombre gagliardissime, taglio espressionista. Rimango un purista contrario alle luci sparate ma per una volta i risultati mi hanno lasciato piacevolmente soddisfatto. Come il delirio programmato di un Ackermann che ha fatto volteggiare il suo strumento con cattiveria inaudita e indomita noncuranza, ma senza fare il minimo danno a cose e/o persone. Sempre per la serie "ogni tanto ci sta".

0 comment