Chronic City  _Letture

      

Non conoscevo Jonathan Lethem. Questo libro l’ho pescato a caso, convinto dalla copertina e dalla fretta inclemente che sempre mi bracca tra gli scaffali delle biblioteche. E’ rimasto a vegetare paziente, nell’attesa che metabolizzassi prima il tomazzo della Oates e poi quello di Asimov, gli ultimi di cui ho scritto qui. Come spesso capita con i romanzi in cui il livello delle aspettative rasenta il terreno sotto i nostri piedi, l’avvio della lettura è stato di quelli folgoranti: racconto in prima persona di un personaggio comune, quindi l’ingresso in scena del memorabile Perkus Tooth, e con lui di una scrittura densa e sufficientemente colta ma senza uno straccio di autoreferenzialità fumosa. Certo la vicenda narrata è un’unica grande nuvola di fumo: niente azione, solo dialoghi o monologhi amabilmente sterili e sempre immancabilmente inessenziali, elusivi, futili e surreali, con una squisita invettiva riservata a certi must culturali del presente, alla letteratura celebrativa, alla fuffa dell’arte contemporanea, alla critica musicale e cinematografica, ai miti invulnerabili. Nel suo fiero scetticismo senza santi e senza padrini, proprio come il suo commovente antieroe, ‘Chronic City’ si è conquistato agevolmente le mie simpatie, riuscendo a conservarle fino all’ultima pagina, nonostante qualche prolissità eccessiva ed un senso di generica incompiutezza. Troppi colpi di scena nelle battute conclusive, ma a ben vedere inevitabili. Ho letto che il capolavoro di Lethem si intitola ‘La Fortezza della Solitudine’, mentre questo libro non gode in realtà di grandissimi favori tra i suoi fan. Io che l’ho trovato particolarmente ispirato ed intelligente in modo romantico, non cinico, non posso che spingere le pretese su quell’altro titolo molto in alto. Staremo a vedere, tempo e biblioteche permettendo.

In una New York frenetica ed animata da strani presagi, il mite Chase Insteadman trascorre la sua tranquilla esistenza da ex star di sitcom televisive di successo tra feste noiose e occasionali incarichi da doppiatore, cercando di far quadrare la propria indole antisociale con il mondo esclusivo ma ultraconvenzionale dell’Upper East Side a lui particolarmente legato in chiave sentimental-compassionevole, visto il suo ruolo ormai ben rodato di fidanzato di un’astronauta costretta da uno sbarramento di mine cinesi al perenne confino nella Stazione Spaziale Internazionale. A stravolgerne certezze e prospettive è l’incontro fatale con Perkus Tooth, malinconico dropout ossessionato da Marlon Brando e dal carattere tipografico del New Yorker, scettico rigoroso, eccentrico critico musicale ed esponente unico di una controcultura anni ’80 miseramente caduta in disgrazia. Tra bufere di neve ed improvvise comparse di una fitta nebbia grigia, indefinibili profumi di cioccolato per le strade e bizzarri ronzii sordi, tigri gigantesche che demoliscono interi isolati salvo poi apparire mansuete in quell’unico estemporaneo incontro notturno sul manto candido, Chase si troverà costretto a ripensare la realtà in cui si muove da anni e a mettere in discussione il senso stesso della propria esistenza “finzionale”, eternamente orientata alle repliche mondane di una “specie di rappresentazione kabuki, un rebus di cuori infranti, una disgrazia che anche un cane avrebbe saputo decifrare”. Rimanendo invischiato nelle allucinate divagazioni colte e nelle cefalee a grappolo del tenero ed indimenticabile Perkus, nella relazione masochistica del protagonista con la cinica ghost-writer Oona Laszlo e nelle sinistre seduzioni di un potere costantemente teso alla mistificazione e all’illusione anestetizzanti (il misterioso sindaco Arnheim e la di lui assistente Claire Carter, il grottesco artista concettuale Laird Noteless, tutti metafore di altrettante “voragini gravitazionali”, “luoghi in cui le speranze altrui erano andate a morire”), il lettore viene coinvolto nella faticosa deriva della coscienza che Jonathan Lethem appronta con abilità innegabile per i suoi due eroi, sorta di Dante e Virgilio post-moderni (non manca l’omaggio a D.F.Wallace, con il ponderoso “capolavoro letterario” ‘Obstinate Dust’ e la relativa strizzata d’occhio ironica a ‘Infinite Jest’) in un inferno di falsificazioni metropolitane, vicoli ciechi intertestuali, “complotti della distrazione” e mondi paralleli degni di William Gibson. Se per il pensatore borderline Tooth l’uscita dal vortice non può che concretizzarsi nella rinuncia estrema alla comunità, come un orso nell’oblio del suo frammento di ghiaccio (con la sola compagnia di un’altra anima reietta), l’ingenuo Chase – un po’ uomo senza qualità, un po’ personaggio in cerca d’autore, un po’ Truman Burbank di ‘The Truman Show’ – sarà costretto alla fine dei giochi a specchiarsi nel disincanto in quanto “mero attore” in una sceneggiatura, titolare di una parte assimilata talmente bene da venire confusa con la vita vera. Inevitabile allora, in un finale che spinge alle estreme conseguenze questo sofisticato gioco di specchi (per giunta deformanti), rendendo pressoché invisibile la frattura tra reale e virtuale, e tra presente e passato, che si volti l’ultima pagina del romanzo sopraffatti dalla confusione e insieme dalla meraviglia. Una Manhattan assai poco alleniana e ben più prossima a certe finezze della letteratura o del cinema di fantascienza è la vera coprotagonista di ‘Chronic City’, un grande ed elegante villaggio Potëmkin con le sue false facciate e le sfarzose scenografie volte a trarre in inganno le fragili difese della percezione, si tratti di Chase Insteadman o del meno avventato dei lettori. Un bel romanzo questo di Lethem, autore davvero bravo nel raccontare cose già viste o già trattate altrove nella maniera più originale possibile. Farraginoso magari, qua e là verboso, ma in fin dei conti affascinante, stimolante e finemente antintelletualistico. Unico difetto: troppe pagine, forse. Con la certezza però che quelle spassose dedicate alle febbrili aste dei calderoni su ebay, oppure quelle strazianti con le lettere di Janice dallo spazio, sono proprio tutto fuorché di troppo.

0 comment

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

Comment *